domenica 30 ottobre 2022

Lunedì XXXI settimana del tempo Ordinario

Lc 14,12-14

In quel tempo, Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Il Vangelo di oggi ci presenta ancora una volta Gesù in relazione con i farisei, a pranzo con loro. Il criterio con cui agire, offerto da Gesù, è in linea con il pensiero dei profeti: Dio si schiera con i fragili, con coloro che nemmeno la Legge tutela.
Essi rappresentano l’occasione per amare il prossimo, non quello che intendevano molti Giudei, cioè il vicino per parentela o per amicizia, ma uno a cui rendersi vicino con un atto di pura gratuità, ad imitazione dell’amore di Dio per noi. La ricompensa non è un riconoscimento ottenuto su questa terra, ma qualcosa di inaspettato che viene da Dio.
Dobbiamo interrogarci sulla nostra fede: l’uomo che vive per questo mondo cerca un contraccambio come ricompensa che viene dagli uomini. Noi abbiamo una speranza radicata in Dio o teniamo di più alla benevolenza degli uomini?

Messaggio del 26.10.2022 da Angela

Questo pomeriggio la mamma si è presentata come Regina e Madre di tutti i Popoli. Aveva un vestito rosaceo ed era avvolta in un grande manto verde-azzurrino, che era ampio e lo stesso manto le copriva anche il capo. Sul capo una corona da regina.
La Vergine Maria, aveva le mani giunte in preghiera, tra le mani una lunga corona del santo rosario bianca, come di luce, che le arrivava quasi fin giù ai piedi.
I piedi erano scalzi e poggiavano sul mondo. Il mondo era avvolto in una grande nube grigia. Il mondo girava come vertiginosamente e si intravedevano scene di guerra e di violenza.
Mamma aveva un bellissimo sorriso, ma il suo volto era triste e preoccupato. Pian piano, la Vergine Maria ha fatto scivolare una parte del lembo del manto e ha coperto il mondo.

Sai lodato Gesù Cristo 

Cari figli, grazie per essere qui. Grazie per aver risposto ancora una volta a questa mia chiamata.
Figli, se sono qui e per l'immensa misericordia di Dio che mi permette  di essere qui in mezzo a voi.
Figli amatissimi, anche quest'oggi sono qui a chiedervi preghiera, preghiera per questo mondo sempre più avvolto dalle tenebre  e attanagliato dal male.
Figli, pregate per la pace, sempre più minacciata dai potenti di questa terra.
Figli miei, pregate ogni giorno il santo rosario, arma molto potente contro il male. Io sono qui, ad accogliere ogni vostra richiesta di preghiera, sono qui perchè vi amo e il mio desiderio più grande è quello di potervi salvare tutti. 

Poi Mamma mi ha detto : "Figlia guarda".
Mamma mi ha indicato un punto preciso da guardare, vedevo immagini che si rincorrevano una dietro l'altra, era come vedere un film che andava avanti velocemente. Mi ha fatto vedere scene di guerra, poi il Mar Mediterraneo. C'erano navi schierate.
Figlia, prega con me!
Ho pregato insieme alla Mamma, poi ha ripreso a parlare.

Figlia, imparate a combattere il male con il bene, siate luce per coloro che ancora vivono nelle tenebre. La vostra vita sia di esempio per coloro che ancora non conoscono l'amore di Dio. Dio è amore, non guerra.

Poi la Mamma ha steso le sue braccia e ha benedetto tutti.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Lc 19,1-10
 
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

sabato 29 ottobre 2022

Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario

Lc 14,1.7-11
 
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Stare a tavola con Gesù è spesso occasione di insegnamento. In questo caso si passa dal capo dei farisei che ha fatto l’invito, a Dio che colloca gli umili alla Sua presenza in base all’umiltà. Questa ci permette di avanzare nella vita cristiana e di ottenere il premio eterno per le fatiche della fede.
Se invece siamo superbi dobbiamo cedere il posto, ci viene chiesto di metterci da parte, a favore di chi è più degno di noi. 
Superbia, vanto, vanagloria, esaltazione di se stessi, si oppongono all’umiltà, al silenzio, all’affidamento nelle mani di Dio.

venerdì 28 ottobre 2022

Messaggio del 26.10.2022 da Simona

Ho visto Mamma, era tutta vestita di bianco, sul capo un velo bianco trapuntato di puntini d’oro che le copriva anche le spalle e la corona di dodici stelle. Mamma aveva le braccia aperte in segno di accoglienza e nella mano destra una lunga corona del santo rosario. Mamma aveva i piedi scalzi che poggiavano sul mondo, intorno al quale c’era l’antico nemico sotto forma di serpente che si dibatteva, ma Mamma lo teneva ben fermo schiacciandolo con il suo piede destro.


Sia lodato Gesù Cristo 


Cari figli miei, vi amo e vedervi qui nel mio bosco benedetto mi riempie il cuore di gioia. Figli miei, aprite i vostri cuori e lasciate agire lo Spirito Santo, lasciate che vi riempia di gioia, vi plasmi, siate come argilla morbida nelle mani del Signore. Figli vi amo di un amore immenso, figli miei ascoltate la mia voce, non indurite i vostri cuori, figli lasciatevi condurre a Gesù. Figli miei vi amo e vi chiedo, vi prego lasciatevi amare, tempi duri vi attendono, figli miei vi prego ascoltate la mia voce, mettete in pratica i miei consigli. Figli rafforzatevi con i Santi Sacramenti, inginocchiatevi d’innanzi al Santissimo Sacramento dell’Altare, lì mio Figlio è vivo e vero, lì vi attende. Figli miei siate come sentinelle che aspettano l’aurora, siate pronti con la corona del santo rosario tra le mani, essa figli non è un amuleto ma un’arma forte contro il male se la usate con amore e fede. Figli miei vi amo.

Adesso vi do la mia santa benedizione.

Grazie per essere accorsi a me.

SANTI SIMONE E GIUDA, apostoli – Festa

Lc 6,12-19

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo

   Nostro Signore Gesù Cristo stabilì le guide, i maestri del mondo e i dispensatori dei suoi divini misteri. Volle inoltre che essi risplendessero come luminari e rischiarassero non soltanto il paese dei Giudei, ma anche tutti gli altri che si trovano sotto il sole e tutti gli uomini che popolano la terra. È verace perciò colui che afferma: «Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb 5, 4). Nostro Signore Gesù Cristo ha rivestito gli apostoli di una grande dignità a preferenza di tutti gli altri discepoli.
   I suoi apostoli furono le colonne e il fondamento della verità. Cristo afferma di aver dato loro la stessa missione che ebbe dal Padre. Mostrò così la grandezza dell'apostolato e la gloria incomparabile del loro ufficio, ma con ciò fece comprendere anche qual è la funzione del ministero apostolico.
   Egli dunque pensava di dover mandare i suoi apostoli allo stesso modo con cui il Padre aveva mandato lui. Perciò era necessario che lo imitassero perfettamente e per questo conoscessero esattamente il mandato affidato al Figlio dal Padre. Ecco perché spiega molte volte la natura della sua missione. Una volta dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9, 13). Un'altra volta afferma: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6, 38). Infatti «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 17).
   Riassumendo perciò in poche parole le norme dell'apostolato, dice di averli mandati come egli stesso fu mandato dal Padre, perché da ciò imparassero che il loro preciso compito era quello di chiamare i peccatori a penitenza, di guarire i malati sia di corpo che di spirito, di non cercare nell'amministrazione dei beni di Dio la propria volontà, ma quella di colui da cui sono stati inviati e di salvare il mondo con il suo genuino insegnamento.
   Fino a qual punto gli apostoli si siano sforzati di segnalarsi in tutto ciò, non sarà difficile conoscerlo se si leggeranno anche solo gli Atti degli Apostoli e gli scritti di san Paolo.

giovedì 27 ottobre 2022

Giovedì della XXX settimana del Tempo Ordinario

Lc 13,31-35

In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».

Gesù non viene meno alla propria missione, anche davanti agli avvertimenti di chi lo mette in guardia su Erode. La via per Gerusalemme è tracciata e dovrà arrivare a compimento con la Sua morte. 
Non c’è possibilità di tirarsi indietro, se si conosce a quale missione si è chiamati. Non per un senso di dovere, ma per amore, per quell’amore che è espressione della benevolenza di Dio verso il popolo. Dio tenta, come Gesù stesso dice citando i profeti, di riportare l’uomo a Sé, ma noi fuggiamo perché preferiamo le nostre vie alle Sue.
Accogliamo nuovamente il Signore, con tutta la carica di profezia scomoda che interpella la nostra esistenza, perché Egli ci ama.

mercoledì 26 ottobre 2022

Mercoledì della XXX settimana del Tempo Ordinario

Lc 13,22-30
 
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Gesù non risponde in modo diretto alla domanda che Gli pongono, perché non è  importante avere delle statistiche sulla salvezza, sapere quanti si salveranno, ma è invece importante fare lo sforzo di seguire il Signore nel Suo cammino. Passare per la porta stretta significa essere in un processo di continua conversione per assomigliare a Cristo, aderire alla Sua Parola con tutta la nostra vita. 
Tutti coloro che si perdono dietro a profezie e segni, senza fare lo sforzo richiesto dal Signore, non possono entrare per quella porta, perché scambiano ciò che è distrazione insignificante con ciò che invece è fondamentale.

martedì 25 ottobre 2022

Martedì della XXX settimana del Tempo Ordinario

Lc 13,18-21
 
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

  Consideriamo, o carissimi, come il Signore ci mostri continui esempi della risurrezione futura, della quale ci ha dato una primizia in Gesù Cristo, risuscitandolo dai morti.
   Osserviamo la risurrezione che avviene nella legge del tempo. Il giorno e la notte ci fanno vedere la risurrezione. La notte si addormenta, il giorno risorge. Il giorno se ne va, la notte sopravviene.
   Prendiamo come esempio i frutti. Il seme cos'è, e come si genera? Il seminatore è uscito e ha sparso sulla terra ciascuno dei semi. Questi, caduti per terra secchi e nudi, marciscono. Poi Dio grande e provvidente li fa risorgere dallo stesso disfacimento, e da un solo seme ne ricava molti, e li porta alla fruttificazione.
   Le nostre anime stiano attaccate a lui con questa speranza, a lui che è fedele nella promessa e giusto nei giudizi. Colui che ha proibito di mentire, molto meno mentirà egli stesso. Niente infatti è impossibile a Dio, fuorchè mentire. Facciamo dunque rivivere la nostra fede in lui e consideriamo come tutte le cose sono a lui congiunte.
   Con una parola della sua maestà ha stabilito ogni cosa e con una sua parola tutto può distruggere. Chi potrebbe domandargli: Che hai fatto? O chi potrebbe opporsi alla potenza della sua forza? (cfr. Sap 12, 12). Le sue opere egli le farà tutte quando vorrà e come vorrà, e nulla cadrà di quanto egli ha stabilito. Tutto gli sta davanti e nulla sfugge alla sua volontà. «I cieli narrano la gloria di Dio e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio, e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole di cui non si oda il suono» (Sal 18, 2-4).
   Poiché dunque tutto è aperto ai suoi occhi e alle sue orecchie, rigettiamo ogni torbida fantasia ed evitiamo i sentieri del male per meritare il sostegno della sua misericordia di fronte al giudizio futuro. Dove infatti potremmo sfuggire dalla sua mano potente? Quale altro mondo potrebbe accogliere uno che è fuggiasco da lui? Dice infatti la Scrittura: Dove andrò e dove mi occulterò dalla tua presenza? Se salgo al cielo, là tu sei; se mi recherò alle estremità della terra, mi afferra la tua destra; se mi adagerò in fondo all'abisso, là è il tuo spirito (cfr. Sal 138, 7-11).
   Dove dunque ritirarsi, o dove fuggire da lui che tutto abbraccia?
   Accostiamoci invece a lui nella santità dell'anima, leviamo a lui le mani pure e senza macchia, amiamo il nostro Padre, buono e misericordioso, che ha fatto di noi la sua eredità.

lunedì 24 ottobre 2022

Lunedì della XXX settimana del Tempo Ordinario

Lc 13,10-17
 
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Il giorno di sabato, giorno di riposo dedicato a Dio, è tempo in cui non lavorare, ma non è tempo in cui non bisogna amare. Anzi, più siamo uniti a Dio più ci rendiamo conto che non possiamo fare a meno di amare. Questo amore poi si deve manifestare soprattutto verso i più bisognosi, verso gli ultimi e le persone sole, seguendo l’esempio di Gesù. Facciamo attenzione ai legalismi che ci impediscono di compiere la carità, di farci vicini alle situazioni di bisogno. Se ci sforziamo di imitare il Signore, sarà molto difficile offenderlo. Così, alla nostra preghiera domenicale, corrisponda l’impegno di costruire vincoli di comunione, perché coloro che attendono la liberazione dal male possano sentirsi davvero rinati a vita nuova.

domenica 23 ottobre 2022

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Lc 18,9-14
 
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

GIOVANNI CRISOSTOMO Dall’Omelia 2, 4-5
Ho descritto molte forme di penitenza per renderti facile l’accesso alla salvezza attraverso la varietà delle vie. Qual è dunque la terza via? L’umiltà: sii umile e avrai sciolto i legami del peccato. Anche di questo ci porta una prova la Scrittura nel racconto del pubblicano e del fariseo.
Salirono al tempio, dice, un fariseo e un pubblicano per pregare.
Il fariseo cominciò a elencare le sue virtù. Io non sono, disse, peccatore come gli altri, né come questo pubblicano. Misera e infelice anima: hai condannato tutto il mondo, perché hai contristato anche il tuo prossimo? Non ti bastava tutto il mondo senza voler condannare anche quel pubblicano?
E che fece il pubblicano? Adorò a capo chino con gli occhi fissi in terra, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18, 13); e poiché si mostrò umile fu giustificato. Quando dunque il fariseo uscì dal tempio aveva perduto la sua giustizia. Il pubblicano invece l’aveva ottenuta: le sue parole furono più forti delle opere. Quello, nonostante le sue opere perse la giustizia; questo invece con parole di umiltà la conquistò, benché la sua non fosse propriamente umiltà. Infatti è umiltà quando uno che è grande si fa piccolo; l’atteggiamento del pubblicano non fu umiltà, ma verità: erano vere quelle parole, perché egli era peccatore.
Chi peggiore di un pubblicano?
Cercava il suo vantaggio nelle disgrazie del prossimo, approfittava delle fatiche altrui e senza rispetto per le loro pene giungeva a procurarsi il guadagno. È dunque grandissimo il peccato del pubblicano. Perciò se il pubblicano, pur essendo peccatore, dando prova di umiltà ha ricevuto così gran dono, quanto maggiore potrà riceverlo chi sia virtuoso e umile? Se riconosci i tuoi peccati e sei umile, diventi giusto.
Desideri conoscere chi sia veramente umile?
Guarda Paolo. Maestro delle nazioni, predicatore ricolmo dello Spirito, vaso d’elezione, porto tranquillo, che nonostante un fisico modesto girò tutto il mondo e lo percorse quasi avesse le ali: guarda con quanta umiltà e modestia egli si definisce inesperto e amante della sapienza, indigente e ricco. Era umile quando diceva: Io sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo (1 Cor 15, 9): questa è la vera umiltà, abbassarsi in tutto e chiamarsi il più piccolo. Pensa chi era colui che pronunciava queste parole: Paolo, concittadino del cielo, sebbene ancora rivestito del corpo, colonna della Chiesa, uomo celeste. È tale infatti la potenza della virtù da trasformare l’uomo in angelo e far sì che l’anima, quasi avesse le ali, si protenda verso il cielo. Questa virtù c’insegni Paolo. Di questa virtù sforziamoci di diventare imitatori.

sabato 22 ottobre 2022

SAN GIOVANNI PAOLO II, papa – memoria facoltativa

Lc 13,1-9
 
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Dall’Omelia per l’inizio del pontificato di San Giovanni Paolo II, papa.

  Pietro è venuto a Roma! Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genesareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui!
   Secondo un’antica tradizione, durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: «Quo vadis, Domine?» (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: «Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta». Pietro tornò a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione.
   Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergerci in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo.
   Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi «un regno di sacerdoti».
   Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse in passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua «sacra potestà» in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione.
   La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità.
   Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: «O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi».
   Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera! Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa!
   Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.

venerdì 21 ottobre 2022

Venerdì della XXIX settimana del Tempo Ordinario

Lc 12,54-59

 
In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».


Il Signore mette sul nostro cammino dei segni che ci parlano e ci guidano, ma non sempre siamo capaci di comprenderli. Questo dipende da più fattori: una coscienza assopita, una volontà non orientata a Dio, una pigra superficialità. Queste tre cose, non sempre presenti in contemporanea, in genere sono il segno di una scarsa attenzione verso Dio e di una mancanza di desiderio di Lui e della Sua volontà. Occorre allora un sano discernimento, che ci permetta di camminare bene.
Guide certe, in antitesi con le tre cose citate, sono: lo Spirito Santo, da invocare costantemente; la Parola di Dio da leggere, ascoltare, comprendere e vivere quotidianamente; i Sacramenti da ricevere, cercando la comunione con Dio e con i fratelli.

giovedì 20 ottobre 2022

Giovedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario

Lc 12,49-53
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Gesù ci dice cosa è venuto a portare sulla terra, qual’è la sua missione e cosa comporta per noi uomini. La sua presenza impone una scelta che divide.
Ci interroghiamo mai su quale sia la nostra missione? Quali sono gli obiettivi che ci proponiamo, o meglio quelli che il Signore ci ispira?
Quando la Parola di Dio tocca la vita di una persona, non si può restare indifferenti, ma scegliere diventa una necessità: a favore o contro Cristo. Coloro che non aderiscono alla Parola e non si impegnano a viverla, così come coloro che la vivono, hanno già fatto la loro scelta.

martedì 18 ottobre 2022

SAN LUCA, evangelista – Festa

Lc 10,1-9

 
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».


Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa

   Il nostro Signore e Salvatore, fratelli carissimi, ci ammonisce ora con la parola, ora con i fatti. A dire il vero, anche le sue azioni hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa ci fa conoscere quello che dobbiamo fare. Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l’amore di Dio, cioè, e l’amore del prossimo.
   Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri.
   Giustamente poi è detto che «li inviò avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Il Signore infatti segue i suoi predicatori, perché la predicazione giunge prima, e solo allora il Signore viene ad abitare nella nostra anima, quando lo hanno preceduto le parole dell’annunzio, attraverso le quali la verità è accolta nella mente. Per questo dice Isaia ai medesimi predicatori: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3). E il salmista dice loro: «Spianate la strada a chi sale sul tramonto» (Sal 67, 5 volg.). Il Signore salì «sul tramonto» che fu la sua morte.
   Effettivamente il Signore salì «sul tramonto» in quanto la sua morte gli servì come alto piedistallo per manifestare maggiormente la sua gloria mediante la risurrezione. Salì «sul tramonto» perché risorgendo calpestò la morte che aveva affrontato.
   Noi dunque spianiamo la strada a colui che sale «sul tramonto» quando predichiamo alle vostre menti la sua gloria; perché, venendo poi egli stesso, le illumini con la presenza del suo amore.
   Ascoltiamo quello che dice nell’inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l’ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l’ufficio comporta.
   Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall’esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l’ufficio di predicatori.

lunedì 17 ottobre 2022

SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA, vescovo e martire – memoria

Lc 12,13-21
 
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
   Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
   A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. È vicino il momento della mia nascita.
   Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo e alle seduzioni della materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio. Se qualcuno lo ha in sé, comprenda quello che io voglio e mi compatisca, pensando all’angoscia che mi opprime.
   Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Nessuno di voi gli dia mano; state piuttosto dalla mia parte, cioè da quella di Dio. Non siate di quelli che professano Gesù Cristo e ancora amano il mondo. Non trovino posto in voi sentimenti meno buoni. Anche se vi supplicassi, quando sarò tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita. Vi scrivo che desidero morire.
   Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c’è più in me nessun’aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile.
   Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.

domenica 16 ottobre 2022

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Lc 18,1-8
 
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo
  Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo santuario»? (Sal 26, 4). Ivi infatti non c’è successione di giorni come se ogni giorno dovesse arrivare e poi passare. L’inizio dell’uno non segna la fine dell’altro, perché vi si trovano presenti tutti contemporaneamente. La vita, alla quale quei giorni appartengono, non conosce tramonto.
   Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi. Nella preghiera infatti ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6, 7-8).
   Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Questo dono, infatti, è assai grande, mentre noi siamo tanto piccoli e limitati per accoglierlo. Perciò ci vien detto: «Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli» (2 Cor 6, 13-14).
   Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d’uomo (cfr. 1 Cor 2, 9), perché è là che il cuore dell’uomo deve entrare. Lo riceveremo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio.
   Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto.
   Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole, perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l’effetto. E perciò, che altro vogliono dire le parole dell’Apostolo: «Pregate incessantemente» (1 Ts 5, 17) se non questo: Desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può concederla quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna?

sabato 15 ottobre 2022

SANTA TERESA DI GESU', VERGINE E DOTTORE DELLA CHIESA - MEMORIA

Lc 12,8-12
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».

Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, vergine
   Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.
     Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. È da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.
     Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l'aveva ben fisso nel cuore. Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia.
     Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell'amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell'accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.

venerdì 14 ottobre 2022

Venerdì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Lc 12,1-7
 
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Nessuno può usare la Parola di Dio per esercitare un potere su altre persone, perché tutti siamo soggetti alla Parola e dobbiamo impegnarci a viverla. Non è dai farisei che viene la salvezza, ma dal Padre attraverso il Figlio e lo Spirito. È Dio che salva perché ci ama, perché siamo preziosi ai Suoi occhi.
Chiunque possa sembrare un potente su questa terra, e voglia sembrare forte e tenere in pugno altre persone attraverso la conoscenza di segreti e difetti, si troverà faccia a faccia con Dio come tutti ed ogni cosa nascosta sarà rivelata. 
Abbandoniamoci con fiducia nelle mani di Dio e con umiltà accettiamo la nostra condizione umana, per lasciare che il Suo amore ci salvi.

giovedì 13 ottobre 2022

Giovedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Lc 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Dai «Trattati su Giovanni» di sant’Agostino, vescovo

   «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre» (Gv 6, 44). Non pensare di essere attirato contro la tua volontà: l’anima è attirata anche dall’amore. Né dobbiamo temere di essere criticati per queste parole evangeliche della Sacra Scrittura da quanti stanno a pesare le parole, ma sono del tutto incapaci di comprendere le realtà divine. Costoro potrebbero obiettarci: Come posso ammettere che la mia fede sia un atto libero, se vengo trascinato? Rispondo: Nessuna meraviglia che sentiamo una forza di attrazione sulla volontà. Anche il piacere ha una tale forza di attrazione.
   Che significa essere attratti dal piacere? «Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 36, 4). Esiste dunque una certa delizia del cuore, per cui esso gode di quel pane celeste. Il poeta Virgilio poté affermare: Ciascuno è attratto dal proprio piacere. Non dunque dalla necessità, ma dal piacere, non dalla costrizione, ma dal diletto. Tanto più noi possiamo dire che viene attirato a Cristo l’uomo che trova la sua delizia nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, dal momento che Cristo è proprio tutto questo.
   O forse che i sensi del corpo hanno i loro piaceri e l’anima non dovrebbe averli? Se l’anima non ha le sue delizie, come mai il salmo dice: «Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa, e li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita e alla tua luce vediamo la luce»? (Sal 35, 8-10).
   Dammi uno che ami, e capirà quello che sto dicendo. Dammi uno che arda di desiderio, uno che abbia fame, che si senta pellegrino e assetato in questo deserto, uno che sospiri alla fonte della patria eterna, dammi uno che sperimenti dentro di sé tutto questo ed egli capirà la mia affermazione. Se invece parlo ad un cuore freddo e insensibile, non potrà capire ciò che dico.
   Tu mostri ad una pecora un ramoscello verde e te la tiri dietro. Mostri ad un fanciullo delle noci, ed egli viene attratto e là corre dove si sente attratto: è attirato dall’amore, è attirato senza subire costrizione fisica; è attirato dal vincolo che lega il cuore. Se, dunque, queste delizie e piaceri terreni, presentati ai loro amatori, esercitano su di loro una forte attrattiva - perché rimane sempre vero che ciascuno è attratto dal proprio piacere - come non sarà capace di attrarci Cristo, che ci viene rivelato dal Padre? Che altro desidera più ardentemente l’anima, se non la verità? Di che cosa dovrà essere avido l’uomo, a qual fine dovrà desiderare che il suo interno palato sia sano nel giudicare il vero, se non per saziarsi della sapienza, della giustizia, della verità, della vita immortale?
   Dice perciò il Signore: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia», quaggiù, «perché saranno saziati», lassù (Mt 5, 6). Gli concedo quello che ama, gli rendo quello che spera. Vedrà quello che ora senza vedere accetta per fede. Si ciberà di ciò di cui ora ha fame, sarà dissetato con ciò di cui ora ha sete. Ma quando e dove? Nella risurrezione dei morti, perché: «Io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6, 54).

mercoledì 12 ottobre 2022

Messaggio del 08.10.2022 da Simona

Ho visto Mamma di Zaro, aveva il vestito bianco, un manto azzurro sulle spalle, un velo bianco sul capo, in vita una cintura d’oro con una rosa bianca sopra, una rosa bianca su ciascun piede e nel petto un cuore formato da rose bianche. Mamma aveva le braccia aperte in segno di accoglienza e nella mano destra una lunga corona del santo rosario fatta di luce.


Sia lodato Gesù Cristo 


Cari figli miei, vi amo e il mio cuore batte palpiti d’amore per ciascuno di voi.


Mentre Mamma diceva così, il cuore di rose che aveva nel petto si è trasformato in un cuore di carne palpitante.


Figli miei, vedervi qui nel mio bosco benedetto mi riempie il cuore di gioia. Figli siate uniti, siate un solo ovile sotto un solo pastore, siate di Cristo: la Chiesa è una, santa, cattolica, apostolica, in essa ci sono molte membra ma il capo è uno, è Cristo, così voi siate di Cristo. 

Figli miei, il mondo è corrotto dal male, pregate figli, pregate. 


Poi Mamma mi ha chiesto di pregare con Lei, ho affidato tutti coloro che mi hanno chiesto preghiera, poi Mamma ha ripreso. 


Figli miei vi amo, vi amo e voglio vedervi tutti salvi, figli miei il mio cuore batte d’amore per voi, il mio amato Gesù ha sofferto ed è morto per voi, per ciascuno di voi per potervi rendere liberi, liberi dalla morte del peccato, figli miei lasciatevi guidare, lasciatevi condurre a Cristo.

Adesso vi do la mia santa benedizione.

Grazie per essere accorsi a me.

Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo ordinario

Lc 11,42-46
 
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».

Osservare la Legge di Dio solo in modo esteriore e cercare la lode degli altri, ci rende persone false, con un’apparente condotta corretta ma in realtà ripieni di superbia.
Ciò che ci salva è l’obbedienza alla Parola di Dio e rimanere nel solco della Tradizione e del Magistero della Chiesa.
Possiamo pregare con tante formule, con la bocca, ma essere strumenti di giudizio e non fare mai nulla per gli altri. Quando è così, quest’abitudine prolungata ci porta ad essere ciechi di fronte alla verità di noi stessi, attribuendo le mancanze solo tanto agli altri e percependoli come nemici.
Dobbiamo vigilare su noi stessi e cercare in ogni cosa la misericordia e la carità.

martedì 11 ottobre 2022

Messaggio del 08.10.2022 da Angela

Questa sera la Vergine Maria si è presentata tutta vestita di bianco, anche il manto che la avvolgeva era bianco e le copriva anche il capo.
Mamma aveva le mani giunte in preghiera, tra le mani una lunga corona del santo rosario bianca come di luce che le arrivava quasi fin giù ai piedi. I piedi erano scalzi e poggiavano sul mondo. Mamma era circondata da tanti angeli e una luce immensa non solo avvolgeva Lei, ma illuminava l'intero bosco, era come incantato.
Gli angeli, cantavano una dolcissima melodia e si sentiva il suono di una campana che suonava a festa. La campana era al mio lato sinistro, proprio dove la Vergine già altre volte me l'ha mostrata e dove desidera che venga messa.
Mamma aveva un sorriso bellissimo, ma i suoi occhi erano tristi.

Sia lodato Gesù Cristo 

Cari figli, grazie per essere qui, nel mio bosco benedetto, in questo giorno a me tanto caro.
Figli amatissimi, questa sera prego con voi e per voi, prego per tutte le vostre intenzioni e per tutti quelli che si sono affidati alle vostre preghiere. 
Figli, anche questa sera vi dico con amore, convertitevi, non perdete altro tempo. Purtroppo con molto dolore e rammarico vi dico ancora una volta: "Tempi duri vi attendono". Con questo, non voglio spaventarvi, ma voglio solo prepararvi. Io vi amo e sono accanto a ciascun figlio che mi invoca.
Figli, il mio cuore è straziato dal dolore nel vedere tanti che pregano solo con la bocca e non con il cuore. Vi prego figli, apritemi i vostri cuori, afferrate le mie mani e camminiamo insieme.
Il principe di questo mondo vuole distruggere tutto ciò che è bene, ma voi non temete. Quando siete stanchi e le forze iniziano a mancarvi, correte da mio Figlio Gesù. Lui è presente nel Santissimo Sacramento dell'Altare. È lì  che vi aspetta silenzioso. Inginocchiatevi dinanzi a Lui e amatelo.
Amatelo con tutte le vostre forze e con tutto il vostro cuore. Il suo palpita  d'amore giorno e notte per ciascuno di voi.

Poi la mamma mi ha chiesto di pregare per la nostra chiesa locale e per la chiesa universale.
Infine ha benedetto tutti.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

SAN GIOVANNI XXIII, PAPA - MEMORIA FACOLTATIVA

Lc 11,37-41
 
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Dai «Discorsi» di san Giovanni XXIII, papa

   La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della Divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale qui, presso il sepolcro di san Pietro, auspice la Vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II.
   Dopo quasi venti secoli, le situazioni e i problemi gravissimi che l’umanità deve affrontare non mutano; infatti Cristo occupa sempre il posto centrale della storia e della vita: gli uomini o aderiscono a lui e alla sua Chiesa, e godono così della luce, della bontà, del giusto ordine e del bene della pace; oppure vivono senza di lui o combattono contro di lui e restano deliberatamente fuori della Chiesa, e per questo tra loro c’è confusione, le mutue relazioni diventano difficili, incombe il pericolo di guerre sanguinose.
   Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole.
   Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando. Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progresso della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita. Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano.
   Così stando le cose, la Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati. All’umanità travagliata da tante difficoltà essa dice, come già Pietro a quel povero che gli aveva chiesto l’elemosina: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!" (At 3,6). In altri termini, la Chiesa offre agli uomini dei nostri tempi non ricchezze caduche, né promette una felicità soltanto terrena; ma dispensa i beni della grazia soprannaturale, i quali, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono di così valida difesa ed aiuto a rendere più umana la loro vita; apre le sorgenti della sua fecondissima dottrina, con la quale gli uomini, illuminati dalla luce di Cristo, riescono a comprendere a fondo che cosa essi realmente sono, di quale dignità sono insigniti, a quale meta devono tendere; infine, per mezzo dei suoi figli manifesta ovunque la grandezza della carità cristiana, di cui null’altro è più valido per estirpare i semi delle discordie, nulla più efficace per favorire la concordia, la giusta pace e l’unione fraterna di tutti.