Mc 7,14-23
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».
Dalle «Lettere» di sant’Ambrogio, vescovo
Come dice l’Apostolo, colui che per mezzo dello Spirito fa morire le opere del corpo, vivrà. Nessuna meraviglia che viva, perché chi ha lo Spirito di Dio diventa figlio di Dio. È figlio di Dio, e conseguentemente non riceve uno spirito da schiavi, ma uno spirito da figli adottivi. Per questo lo Spirito Santo attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E la testimonianza dello Spirito Santo consiste nel fatto che è proprio lui che grida nei nostri cuori: «Abbà, Padre!», come è scritto nella lettera ai Galati (Gal 4, 6). Quella testimonianza, poi, che siamo figli di Dio è veramente grande: perché siamo «eredi di Dio e coeredi di Cristo» (Rm 8, 17). Coerede di Cristo è colui che partecipa alla sua gloria; ma partecipa alla sua gloria solo chi, soffrendo per lui, partecipa alle sue pene.
Per esortarci alla sofferenza, aggiunge che tutto quello che soffriamo è inferiore e non paragonabile al premio riservato a chi sopporta tali pene. Grande infatti sarà la mercede di beni futuri che si rivelerà in noi, quando, riformati sull’immagine di Dio, meriteremo di contemplare la sua gloria faccia a faccia.
Per esaltare, poi, la grandezza della rivelazione futura, afferma che anche la creazione, ora sottomessa alla caducità non per suo volere, ma nella speranza di essere liberata, attende con impazienza la liberazione dei figli di Dio. Essa spera da Cristo la grazia che spetta alla sua funzione. Anch’essa sarà liberata dalla corruzione e ammessa alla libertà della gloria dei figli di Dio. Ci sarà un’unica libertà, quella della creazione e quella dei figli di Dio, allorquando sarà manifestata la loro gloria. Frattanto, mentre tale manifestazione viene procrastinata, tutta la creazione geme nell’attesa della gloria della nostra adozione e della nostra redenzione. Sospira fin d’ora di dare alla luce quello spirito di salvezza e brama di essere liberata dalla schiavitù della caducità. Il concetto è chiaro. I fedeli, che possiedono le primizie dello Spirito, gemono interiormente aspettando l’adozione a figli. L’adozione a figli è la redenzione di tutto il corpo mistico. Si verificherà quando esso vedrà Dio, sommo ed eterno bene, quasi fosse tutto suo figlio adottivo. L’adozione a figli si ha però già ora nella Chiesa del Signore poiché già ora lo Spirito grida: «Abbà, Padre!», come si legge nella lettera ai Galati (Gal 4, 6). Ma essa sarà perfetta solamente quando tutti quelli che meriteranno di vedere il volto di Dio risorgeranno incorruttibili, splendidi e gloriosi. Allora la creatura umana potrà dirsi davvero liberata. Perciò l’Apostolo si gloria dicendo: «Nella speranza noi siamo stati salvati» (Rm 8, 24). Ci salva infatti la speranza, così come ci salva la fede, della quale è detto: «La tua fede ti ha salvato» (Lc 18, 42).