martedì 31 maggio 2022

VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – Festa

Lc 1,39-56

In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.


Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote

   «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l’eternità.
   Magnifica il Signore l’anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
   Esulta in Dio, suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore, dal quale spera la salvezza eterna.
   Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d’amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare, più di tutti gli altri santi, di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l’autore eterno della salvezza sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale, e in quanto unica e medesima persona sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
   «Cose grandi ha fatto a me l’onnipotente e santo è il suo nome».
   Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale, essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole, ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «E avverrà che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
   Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
   Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l’inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell’incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente, stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

lunedì 30 maggio 2022

Messaggio del 26.05.2022 da Simona

Ho visto Mamma, era tutta vestita di bianco, sul capo la corona di dodici stelle e un sottile velo bianco trapuntato di puntini d’oro, in petto aveva un cuore di carne palpitante coronato di spine, sulle spalle un manto azzurrino che le arrivava fin giù ai piedi che scalzi poggiavano sul mondo nel quale si susseguivano scene di guerra e catastrofi. Mamma era triste e aveva gli occhi pieni di lacrime, una lacrima le ha rigato il viso ed è caduta sul mondo e lo ha come inondato e tutte le scene di violenza sono finite.

                                                                 Sia lodato Gesù Cristo


Cari figli miei vi amo, e vedervi qui nel mio bosco benedetto mi riempie il cuore di gioia, ascolta figlia.


Ho iniziato a sentire il battito del cuore di Mamma prima piano e poi sempre più forte, al suo battito se ne è aggiunto un secondo più forte, era il battito del cuore di Gesù, poi Mamma ha continuato.


Ecco figli, i nostri cuori battono all’unisono  per voi, per ciascuno di voi; figli ai piedi della croce ho accolto la volontà di mio Figlio, di essere vostra madre, madre dell’umanità, da quel momento il mio cuore ha battuto e batte per ciascuno di voi, spesso è straziato dal vostro comportamento, dai vostri peccati ma ciò non gli impedisce di continuare a battere per voi, ciò non mi impedisce di amarvi e pregare che cambiate la vostra condotta  e torniate al Padre, per amarlo e onorarlo. Figli miei, ho aperto il mio cuore al Padre, e vi chiedo di fare altrettanto, lasciate agire lo Spirito Santo in voi, lasciatevi riempire e plasmare a suo piacimento, aprite i vostri cuori al Signore ed Egli vi inonderà di ogni grazia e benedizione. 

Figli miei, se solo capiste quanto è grande l’amore del Padre per ciascuno di voi, se solo vi lasciaste amare. . .

Adesso vi do la mia santa benedizione.

Grazie per essere accorsi a me.

Lunedì della VIIª settimana di Pasqua

Gv 16,29-33

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Gesù ha già vinto il mondo e, nonostante le nostre incertezze, l’inadeguatezza davanti alle situazioni, i tradimenti che Gli rivolgiamo, resta con noi e vuole donarci la Pace.
Quando siamo in mezzo alle tribolazioni, dobbiamo ricordarci che il peso del mondo non è nostro, come non sono nostri i progetti di Dio ma Suoi e che vale la pena faticare e lottare per la fede, ma senza lasciare che le ansie, le visioni troppo parziali della realtà o le conseguenze della nostra superbia, possano privarci della pace che viene da Dio.
Ogni tribolazione può essere superata con il coraggio della fede, con una vita di preghiera che diventa visibile nelle opere della carità e con la grazia che viene da Dio, non solo per i singoli ma, soprattutto come appartenenti ad una comunità ecclesiale.

domenica 29 maggio 2022

ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO C

Lc 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo

Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore.
   Ascoltiamo l’apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso.
   Cristo è ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25, 35).
   Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l’amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13).
   Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l’unità tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell’uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui.   
   Così si esprime l’Apostolo parlando di questa realtà: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12, 12). L’Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo.
   Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l’unità del corpo non sia separata dal capo.

sabato 28 maggio 2022

Messaggio del 26.05.2022 da Angela

Questo pomeriggio la mamma si è presentata tutta vestita di bianco. Anche il manto che la avvolgeva era bianco, ampio e le copriva anche il capo.
Sul capo mamma aveva una corona di dodici stelle splendenti. Aveva le mani giunte in preghiera, tra le mani una lunga corona del santo rosario, bianca come di luce, che le arrivava quasi fin giù ai piedi. I piedi erano scalzi e poggiavano sul mondo. Il mondo era come avvolto in una grande nube grigia, sul mondo si intravedevano scene di guerre e di violenze.
Mamma ha fatto scivolare lentamente una parte del manto e ha coperto il mondo.

Sia lodato Gesù Cristo 

Cari figli, grazie per essere qui nel mio bosco benedetto, grazie per aver risposto a questa mia chiamata.
Figli, se sono qui è per l'immensa misericordia di Dio.
Figli miei, vi amo, vi amo immensamente.
Figli amatissimi, anche quest'oggi vi chiedo preghiera, preghiera per questo mondo sempre più attanagliato dalle forze del male.
Figli miei, pregate per la pace, pregate per la pace nel mondo, per la pace nelle famiglie, pregate affinchè i vostri cuori abbiano pace.
Figli amatissimi, è da tempo che sono in mezzo a voi ma nulla è cambiato. Vi prego figli, convertitevi! Vi prego, ritornate a Dio.
Figli, vi prego ancora una volta di pregare con il cuore, non pregate con le labbra. Apritemi i vostri cuori e fatemi entrare, tendetemi le vostre mani e afferrate le mie, sono qui per ascoltarvi, sono qui per amarvi, sono qui per condurvi tutti a mio figlio Gesù. Vi prego, non perdetevi nelle cose di questo mondo, non perdetevi nelle false bellezze ma guardate Gesù, pregate Gesù, amate Gesù vivo e vero nel Santissimo Sacramento dell'Altare. Piegate le vostre ginocchia e pregate. Gesù sa di cosa avete bisogno.

Poi ho pregato insieme alla mamma, per la  Santa Chiesa e per tutti quelli che si erano raccomandati alle mie preghiere.
Infine mamma ha benedetto tutti. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Sabato della VIª settimana di Pasqua

Gv 16,23b-28

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l'ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».


Il Signore ci dice di chiedere nel Suo nome, perché così otterremo ciò che chiediamo. Ma cosa dobbiamo chiedere e come?

Sicuramente non possiamo chiedere cose che non rientrino nello stesso amore di cui si parla in questo brano del Vangelo. L’amore tra il Padre e il Figlio si riversa sul mondo per salvarlo, quindi ogni richiesta dovrà seguire questo criterio, lontano da ogni desiderio egoistico e proteso verso il vero bene degli altri. Anche richieste che siano fatte per compiacere gli altri e che dunque accrescano il proprio ego, ma che non siano per la loro salvezza, non possono certo corrispondere alla volontà di amore di Dio per noi.

Allora, cercando il vero bene e chiedendo con fede e per amore, sicuramente non falliremo il nostro obiettivo, se chiederemo lo Spirito Santo, affinché una nuova Pentecoste abbracci tutti i cristiani e possa riversare l’Amore stesso di Dio in terra.


venerdì 27 maggio 2022

Venerdì della VIª settimana di Pasqua

Gv 16,20-23a

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

Il motivo della vera gioia non è una semplice fatica umana che permette di raggiungere una meta, ma è la presenza del Signore risorto accanto ad ogni singolo credente e per tutto il Suo popolo. Non c’è più fatica da fare quando c’è Lui, non c’è più impresa da compiere quando ogni dono viene da Lui. 
Questo ci viene insegnato soprattutto nella contemplazione, per la quale l’unico sforzo da compiere è quello di essere in sintonia con il Signore, di provare a comprendere ciò che già ha voluto rivelarci, per scoprire che la gioia eterna ci viene già partecipata in questo mondo e si completerà nella pienezza della visione, quando saremo davanti a Lui.
Ci vuole una mente che non si fermi ai ragionamenti di questo mondo ed occorre un cuore capace di amare Dio e di lasciarsi illuminare da Lui, perché ogni affetto sia perfezionato e purificato in Lui. Così arriverà per noi la scoperta della gioia, dono del Risorto. 
Invochiamo lo Spirito Santo affinché tutto questo possa compiersi.

giovedì 26 maggio 2022

SAN FILIPPO NERI, presbitero – memoria

Gv 16,16-20

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
 
   L’Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio (cfr. Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.
   Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.
   Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).
   Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»? (Fil 4, 5-6).
   È una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
   Tutto il genere umano è quell’uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.
   «Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l’Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L’unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
   Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4, 5-6).

mercoledì 25 maggio 2022

Mercoledì della VIª settimana di Pasqua

Gv 16,12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa 

   Miei cari, i giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità.
   Venne eliminato il timore di una morte crudele, e venne annunziata non solo l’immortalità dell’anima, ma anche quella del corpo. Durante quei giorni, in virtù del soffio divino, venne effuso su tutti gli apostoli lo Spirito Santo, e a san Pietro apostolo, dopo la consegna delle chiavi del Regno, venne affidata la cura suprema del gregge del Signore.
   In questi giorni il Signore si unisce, come terzo, ai due discepoli lungo il cammino, e per dissipare in noi ogni ombra di incertezza, biasima la fede languida di quei due spaventati e trepidanti. Quei cuori da lui illuminati s’infiammano di fede e, mentre prima erano freddi, diventano ardenti, man mano che il Signore spiega loro le Scritture. Quando egli spezza il pane, anche lo sguardo di quei commensali si apre. Si aprono gli occhi dei due discepoli come quelli dei progenitori. Ma quanto più felicemente gli occhi dei due discepoli dinanzi alla glorificazione della propria natura, manifestata in Cristo, che gli occhi dei progenitori dinanzi alla vergogna della propria prevaricazione!
   Perciò, o miei cari, durante tutto questo tempo trascorso tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione, la divina Provvidenza questo ha avuto di mira, questo ha comunicato, questo ha voluto insinuare negli occhi e nei cuori dei suoi: la ferma certezza che il Signore Gesù Cristo era veramente risuscitato, come realmente era nato, realmente aveva patito ed era realmente morto.
   Perciò i santi apostoli e tutti i discepoli, che avevano trepidato per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla risurrezione, furono talmente rinfrancati dall’evidenza della verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell’alto dei cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono ricolmi di grande gioia.
   Ed avevano davvero un grande e ineffabile motivo di rallegrarsi. Essi infatti, insieme a quella folla fortunata, contemplavano la natura umana mentre saliva ad una dignità superiore a quella delle creature celesti. Essa oltrepassava le gerarchie angeliche, per essere innalzata al di sopra della sublimità degli arcangeli, senza incontrare a nessun livello, per quanto alto, un limite alla sua ascesa. Infine, chiamata a prender posto presso l’eterno Padre, venne associata a lui nel trono della gloria, mentre era unita alla sua natura nella Persona del Figlio.

martedì 24 maggio 2022

Martedì della VIª settimana di Pasqua

Gv 16,5-11
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo

   Secondo san Paolo quanti comunichiamo alla santa umanità del Cristo, veniamo a formare un sol corpo con lui. Presenta così questo mistero di amore: «Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i gentili cioè sono chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa» (Ef 3, 5-6). Se tutti tra di noi siamo membra dello stesso corpo in Cristo e non solo tra di noi, ma anche con colui che è in noi per mezzo della sua carne, è evidente che tutti siamo una cosa sola sia tra noi che in Cristo. Cristo infatti è vincolo di unità, essendo egli al tempo stesso Dio e uomo.
   Quanto all’unione spirituale, seguendo il medesimo ragionamento, diremo ancora che noi tutti, avendo ricevuto un unico e medesimo Spirito Santo, siamo, in certo qual modo, uniti sia tra noi, sia con Dio. Infatti, sebbene, presi separatamente, siamo in molti, e in ciascuno di noi Cristo faccia abitare lo Spirito del Padre e suo, tuttavia unico e indivisibile è lo Spirito. Egli con la sua presenza e la sua azione riunisce nell’unità spiriti che tra loro sono distinti e separati. Egli fa di tutti in se stesso un’unica e medesima cosa.
   La potenza della santa umanità del Cristo rende concorporali coloro nei quali si trova. Allo stesso modo, credo, l’unico e indivisibile Spirito di Dio che abita in tutti, conduce tutti all’unità spirituale.
   Perciò ancora san Paolo ci esorta: Sopportatevi a vicenda con amore, cercate di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti, ed è presente in tutti (cfr. Ef 4, 2-6). Infatti dimorando in noi un unico Spirito, vi sarà in noi un unico Padre di tutti, Dio, per mezzo del Figlio. Lo Spirito Santo riconduce all’unità con sé e all’unità vicendevole fra loro tutti quelli che si trovano a partecipare di lui. E tutti noi evidentemente siamo partecipi dello Spirito. Infatti abbiamo lasciato la vita animale e obbediamo alle leggi dello Spirito. In tal modo abbandoniamo la nostra vita, ci uniamo allo Spirito Santo, acquistiamo una conformità celeste a lui e veniamo trasformati, in certo qual modo, in un’altra natura. Perciò siamo chiamati non più uomini solamente, ma anche figli di Dio e uomini celesti. Siamo resi cioè partecipi della natura divina.
   Tutti siamo una cosa sola nel Padre e Figlio e Spirito Santo: una cosa sola, dico, per l’identità della condizione, la coesione nella carità, la comunione alla santa carne di Cristo e la partecipazione dell’unico Spirito Santo.

lunedì 23 maggio 2022

Lunedì della VIª settimana di Pasqua

Gv 15,26 - 16,4a

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto».

Il Paraclito, consolatore ed avvocato, dà testimonianza del Signore, ci ricorda le Sue parole e muove i cuori a Dio. Egli ci dà i doni necessari a camminare come discepoli, consacrati nel battesimo appartenenti a Cristo, perché possiamo diventare anche veri testimoni.
Domandiamoci innanzitutto se stiamo camminando come veri discepoli, fedeli alla Parola, umili nell’ascolto, capaci di scorgere le opere compiute dal Signore.
E inoltre, siamo testimoni di Cristo, cioè chi ci incontra viene edificato in modo positivo dal nostro esempio?

domenica 22 maggio 2022

VIª DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Gv 14,23-29

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Tutto parte dall’amore, che alimenta in noi la volontà di osservare la Parola di Dio. Se davvero Lo amiamo, viviamo la Sua Parola, mentre se non Lo amiamo, non ci sarà in noi una motivazione tanto forte da spingerci a vivere ciò che il Signore ci ha detto.
Non viene prima il comandamento da vivere, ma prima l’amore verso Cristo, che è fatto di affetto, volontà, dialogo nella preghiera, silenzio di ascolto, meditazione costante. A questo si oppone ogni forma di superficialità, di supponenza, di infedeltà e di osservanza solo esteriore.
Ecco perché ci è necessario il dono dello Spirito che santifica, non solo per ravvivare la nostra memoria e farci ricordare delle nozioni, ma soprattutto per spingere il cuore a conversione e così darci la forza di superare ogni ostacolo, ricordandoci che siamo fatti per il Cielo e per portare qui in terra la realtà della carità di Cristo.
Solo così potremo custodire in noi il dono della pace, dato dal Signore.
Domandiamoci allora:
In cosa impieghiamo le nostre energie? Amare Cristo è davvero più importante di ogni cosa? Invochiamo costantemente lo Spirito Santo a sostegno della nostra vita, per vivere i Comandamenti?

sabato 21 maggio 2022

Sabato della Vª settimana di Pasqua

Gv 15,18-21

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: "Un servo non è più grande del suo padrone". Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Dai «Commenti sui salmi» di sant’Agostino, vescovo 

La meditazione della nostra vita presente deve svolgersi nella lode del Signore, perché l’eterna felicità della nostra vita futura consisterà nella lode di Dio; e nessuno sarà atto alla vita futura, se ora non si sarà preparato. Perciò lodiamo Dio adesso, ma anche innalziamo a lui la nostra supplica. La nostra lode racchiude gioia, la nostra supplica racchiude gemito. Infatti ci è stato promesso ciò che attualmente non possediamo; e poiché è verace colui che ha promesso, noi ci rallegriamo nella speranza, anche se, non possedendo ancora quello che desideriamo, il nostro desiderio appare come un gemito. È fruttuoso per noi perseverare nel desiderio fino a quando ci giunga ciò che è stato promesso e così passi il gemito e gli subentri solo la lode. La storia del nostro destino ha due fasi: una che trascorre ora in mezzo alle tentazioni e tribolazioni di questa vita, l’altra che sarà nella sicurezza e nella gioia eterna. Per questo motivo è stata istituita per noi anche la celebrazione dei due tempi, cioè quello prima di Pasqua e quello dopo Pasqua. Il tempo che precede la Pasqua raffigura la tribolazione nella quale ci troviamo; invece quello che segue la Pasqua, rappresenta la beatitudine che godremo. Ciò che celebriamo prima di Pasqua, è anche quello che operiamo. Ciò che celebriamo dopo Pasqua, indica quello che ancora non possediamo. Per questo trascorriamo il primo tempo in digiuni e preghiere. L’altro, invece, dopo la fine dei digiuni lo celebriamo nella lode. Ecco perché cantiamo: alleluia.
   Infatti in Cristo, nostro capo, è raffigurato e manifestato l’uno e l’altro tempo. La passione del Signore ci presenta la vita attuale con il suo aspetto di fatica, di tribolazione e con la prospettiva certa della morte. Invece la risurrezione e la glorificazione del Signore sono annunzio della vita che ci verrà donata.
   Per questo, fratelli, vi esortiamo a lodare Dio; ed è questo che noi tutti diciamo a noi stessi quando proclamiamo: alleluia. Lodate il Signore, tu dici a un altro. E l’altro replica a te la stessa cosa.             
   Impegnatevi a lodare con tutto il vostro essere: cioè non solo la vostra lingua e la vostra voce lodino Dio, ma anche la vostra coscienza, la vostra vita, le vostre azioni.
   Noi lodiamo il Signore in chiesa quando ci raduniamo. Al momento in cui ciascuno ritorna alle proprie occupazioni, quasi cessa di lodare Dio. Non bisogna invece smettere di vivere bene e di lodare sempre Dio. Bada che tralasci di lodare Dio quando ti allontani dalla giustizia e da ciò che a lui piace. Infatti se non ti allontani mai dalla vita onesta la tua lingua tace, ma la tua vita grida e l’orecchio di Dio è vicino al tuo cuore. Le nostre orecchie sentono le nostre voci, le orecchie di Dio si aprono ai nostri pensieri.

venerdì 20 maggio 2022

Venerdì della Vª settimana di Pasqua

Gv 15,12-17

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Gesù ci invita ad amarci nei fatti, pronti a dare la vita, considerandoci amici così come Lui considera noi. Ma può amare così solo chi conosce la verità, quella che scaturisce dalle parole che il Signore ci ha trasmesso. È lì che si trova la forza di amare.
Noi siamo stati scelti per amare, siamo stati convocati dalla Parola per riconoscerci come amici, portiamo frutto solo se ci sforziamo di dare la vita.
Superiamo allora le chiacchiere inutili, preghiamo per chi ci offende, impariamo a non percepire gli altri come nemici da sconfiggere ma a cercare il loro bene. La nostra carità sarà visibile, quando il nostro agire non sarà in linea con il mondo ma con Gesù Cristo.

giovedì 19 maggio 2022

Giovedì della Vª settimana di Pasqua

Gv 15,9-11

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Il Signore ci chiede di imitarlo e ci chiede di osservare i comandamenti, nella legge dell’amore. Gesù non ci sta parlando di privazioni o imposizioni, non ci propone una legge disincarnata e calata dall’alto, ma di guardare a Lui e di prendere esempio per poter vivere nel modo giusto. Tutto ciò va a nostro vantaggio, perché la gioia che viene da Dio sia in noi.
Sappiamo che tutto questo non è esente dalla croce, non è una scorciatoia alternativa per arrivare alla meta, ma è passare attraverso la volontà di Dio, compiere le scelte difficili della coerenza e della testimonianza, della ricerca di comunione e della correzione fraterna, del perdono e del silenzio interiore. Rimaniamo nell’amore del Signore e nessuna tristezza o tribolazione potrà prevalere sulla gioia che viene da Dio.

mercoledì 18 maggio 2022

Mercoledì della Vª settimana di Pasqua

Gv 15, 1-8

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Dalla «Lettera a Diogneto»

   I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano di un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.
   Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo.
   Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.
   Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.
   Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l’onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.
   In una parola, i cristiani sono nel mondo quello che è l’anima nel corpo. L’anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L’anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile.
   La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all’anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male.
   Sebbene ne sia odiata, l’anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano. L’anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo. L’anima immortale abita in una tenda mortale, così anche i cristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettano l’incorruttibilità celeste.
   L’anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.

martedì 17 maggio 2022

Martedì della Vª settimana di Pasqua

Gv 14,27-31a

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. 
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

Quanti timori, quanti pensieri inutili, quanta sfiducia tocca il cuore di chi non si lascia ammaestrare dal Signore! Egli è venuto a donarci la Pace, quella vera, ma non sempre vogliamo accoglierla.
Quando in noi prevalgono il pessimismo, la paura del domani, l’attaccamento eccessivo agli affetti, l’incapacità di rinunciare ai nostri progetti per abbracciare quelli di Dio, quando la nostra volontà vuole possedere e manovrare  il quotidiano secondo le passioni e senza discernimento… il nostro cuore rimane turbato e cieco davanti a Dio.
Quando queste cose ci privano della pace, non vediamo i progetti belli e luminosi del futuro riservatoci dal Signore, ma ogni cosa ci sembra solo dolore, futuro angoscioso, richiesta di sacrificio senza gioia pasquale. Il Signore è venuto a donarci la Pace!
Chi fa pensieri di sventura rovina se stesso e gli altri con profezie di sventura, mentre chi annuncia Cristo vede la speranza come unica certezza del domani, perché il Signore ha già vinto ogni male.

lunedì 16 maggio 2022

Lunedì della Vª settimana di Pasqua

Gv 14,21-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l'Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Chi ama davvero Dio, osserva i Suoi comandamenti. Qui non c’è solo il riferimento ai Dieci Comandamenti, ma più al comandamento dell’amore che il Signore aveva consegnato al termine dell’Ultima Cena e dimostrato con tutta la Sua azione sia verso gli ultimi sia verso i discepoli.
La risposta di Gesù a Giuda, fa comprendere che la conoscenza di Dio non è riservata a pochi, non è limitata da Dio solo ad alcuni, ma sono gli uomini a scegliere se rimanere in quella comunione e in quell’amore oppure no.
Chi non osserva i comandamenti, non è in comunione con il Figlio né con il Padre e non si sente parte di una comunità edificata dalla presenza stessa di Dio. 
Invochiamo allora lo Spirito Santo, perché ci dia la forza necessaria a rimanere discepoli fedeli, servi della Sua Parola.

domenica 15 maggio 2022

Vª DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Gv 13,31-33a.34-35

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

La gloria del Figlio di Dio si manifesta nel momento del tradimento, della Passione che viene offerta ed accettata, come segno dell’amore più alto. Qui si vede l’amore di Dio, non una teoria, un’idea lontana dalla vita o un insieme di buoni propositi, ma vita offerta che spinge all’imitazione.
Questo è l’amore che siamo chiamati a vivere, nella contraddizione del tradimento, senza cercare reciprocità, come dono gratuito da offrire. 
Vigiliamo allora sui nostri moti interiori: sentimenti di rivalsa, ricerche di una giustizia solo terrena, possesso degli altri e paura di perderli, ricerche di tornaconti personali…ed ogni altra cosa che ci impedisce di amare. 
Così ognuno potrà vedere che siamo discepoli di Cristo e sarà spinto ad imitare Lui come abbiamo fatto noi.

sabato 14 maggio 2022

Messaggio del 08.05.2022 da Simona

Ho visto Mamma era vestita di bianco e in petto aveva un cuore di carne coronato di spine, Mamma aveva un manto azzurro che le copriva anche il capo e le arrivava fin giù ai piedi che scalzi poggiavano sul mondo. Mamma aveva le braccia aperte in segno di accoglienza e nella mano destra una lunga corona del santo rosario fatta di luce.


Sia lodato Gesù Cristo


Eccomi figli miei, giungo a voi come madre, madre di misericordia, madre di pace, madre d’amore, madre e regina. Figli miei, vengo a portarvi  amore, pace, vengo a portarvi l’immensa misericordia del Padre, vengo a prendervi per mano e guidarvi dal mio e vostro amato Gesù. Figli miei, in ogni vostra sofferenza, in ogni vostro dolore, rivolgetevi a Lui, andate in chiesa e inginocchiatevi dinnanzi al Santissimo Sacramento dell’Altare: Egli è lì vivo e vero, è lì che vi attende, affidategli tutta la vostra vita! 

Figli miei tanto amati, tempi duri vi attendono, vi dico ciò non per spaventarvi ma per farvi capire che c’è bisogno di preghiera, c’è bisogno di conversione, quella vera non quella fatta di chiacchiere. Figli miei, il mondo è invaso dal male, figlia guarda.

Ho iniziato a vedere tante scene di guerra, di violenza, di orrori che avvengono nel mondo e Mamma ha detto:

queste sono solo alcune cose che succedono nel mondo, e tutto ciò strazia il mio cuore, pregate figli pregate. Figli miei, non è più tempo di chiacchiere, di domande futili e inutili, è tempo di pregare, pregate in ginocchio dinnanzi al Santissimo Sacramento dell’Altare, figli miei andate in chiesa mio Figlio lì vi attende, inginocchiatevi dinnanzi a Lui e apritegli il vostro cuore, affidategli tutta la vostra vita, tutti i vostri pesi ed Egli vi donerà pace e amore, vi aiuterà a superare ogni vostra difficoltà.

Vi amo figli e ancora vi chiedo di pregare.

Adesso vi do la mia santa benedizione.

Grazie per essere accorsi a me.      

SAN MATTIA, Apostolo - Festa

Gv 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Dalle «Omelie sugli Atti degli Apostoli» di san Giovanni
Crisostomo, vescovo

  «In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse...» (At 1, 15). Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell’assemblea, per primo prende la parola: Fratelli, occorre scegliere uno tra noi (cfr. At 1, 21- 22). Lascia ai presenti il giudizio, stimando degni d’ogni fiducia coloro che sarebbero stati scelti e infine garantendosi contro ogni odiosità che poteva sorgere. Infatti decisioni così importanti sono spesso origine di numerosi contrasti.
   E non poteva essere lo stesso Pietro a scegliere? Certo che poteva, ma se ne astiene per non sembrare di fare parzialità. D’altra parte non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo. «Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia» (At 1, 23). Non li presentò lui, ma tutti. Lui motivò la scelta, dimostrando che non era sua, ma già contemplata dalla profezia. Così egli fu solo l’interprete, non uno che impone il proprio giudizio.
   Continua: Bisogna, dunque, che tra questi uomini che sono radunati con noi... (cfr. At 1, 21). Osserva quanta oculatezza richieda già nei testimoni, anche se doveva ancora venire lo Spirito. Egli comunque tratta con grande diligenza questa scelta.
   Tra questi uomini, prosegue, che sono stati con noi tutto il tempo che visse tra noi il Signore Gesù. Parla di coloro che erano vissuti con Gesù, non quindi semplici discepoli. All’inizio molti lo seguivano: ecco perché afferma: Era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù.
   «Per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni» (At 1, 21). E sì, perché gli avvenimenti accaduti prima, nessuno li ricordava con esattezza, ma li appresero dallo Spirito. «Fino al giorno in cui (Gesù) è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga insieme a noi testimone della sua risurrezione» (At 1, 22). Non dice: testimone di ogni cosa, ma «testimone della sua risurrezione», semplicemente.
   Infatti era più credibile uno che affermasse: Colui che mangiava, beveva e fu crocifisso, è proprio lo stesso che è risuscitato. Perciò non era necessario che fosse testimone del passato né del tempo successivo e neppure dei miracoli, ma solo della risurrezione. Gli altri avvenimenti erano noti ed evidenti; la risurrezione invece era avvenuta di nascosto ed era nota solo a quei pochi.
   E pregavano insieme dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra...» (At 1, 24). Tu, non noi. Molto giustamente lo invocano come colui che conosce i cuori: da lui, infatti, dev’essere fatta l’elezione, non da altri. Pregavano con tanta confidenza, perché era proprio necessario che uno fosse eletto. Non chiesero: Scegli, ma: mostra l’eletto, «colui che hai eletto», ben sapendo che tutto è già stabilito da Dio. «E li tirarono a sorte». Non si ritenevano degni di fare essi stessi l’elezione, per questo desiderarono essere guidati da un segno.

venerdì 13 maggio 2022

Messaggio del 08.05.2022 da Angela

Questa sera la mamma si è presentata tutta vestita di bianco. Anche il manto che la avvolgeva era bianco, ampio e lo stesso manto le copriva anche il capo. La Vergine, aveva tra le mani giunte in preghiera una lunga corona del santo rosario bianca come di luce, che le arrivava quasi fin giù ai piedi. I piedi erano scalzi e poggiavano sul mondo.
Il mondo era avvolto da una grande nube grigia e si intravedevano scene di guerra e di violenza. Mamma ha fatto scivolare lentamente un parte del suo manto e ha coperto il mondo.

Sia lodato Gesù Cristo 

Cari figli, grazie per essere qui nel mio bosco benedetto, grazie per aver risposto a questa mia chiamata.
Figli amatissimi, se sono qui è per l'immenso amore che il Padre ha per ciascuno di voi.
Figli, anche questa sera, sono qui per chiedervi preghiera, preghiera per questo mondo sempre più attanagliato dalle forze del male. Pregate figli miei, pregate per la pace sempre più lontana, pregate per i governanti di questa terra che hanno sete di potere e sono lontani da Dio, hanno sete di giustizia fatta con le loro mani.
Pregate molto affinchè tutti possano ottenere la pace.
Figlia guarda il mio cuore, è pieno di dolore. Senti il battito del mio cuore. (Batteva molto forte)
Ascolta figlia, metti nel mio cuore ogni tua intenzione. 

Sentivo il cuore della Vergine,  battere forte e dalle sue mani vedevo uscire raggi di luce che toccavano alcuni dei presenti nel bosco.

Figlia. Queste sono le grazie che questa sera vi dono.
Vengo a voi come Madre del Divino Amore, vengo qui tra voi per prendervi per mano e portarvi tutti a mio Figlio Gesù, unica e vera salvezza.
Figli miei, vi prego di non perdervi, quando siete nella prova e nella tribolazione non scoraggiatevi, rinforzate la vostra fede con i sacramenti. Piegate le vostre ginocchia e pregate. Guardate Gesù, rifugiatevi nel suo sacratissimo cuore, andate da Lui, vi aspetta a braccia aperte.
Figli, ognuno di voi è prezioso ai suoi occhi. Vi prego, ascoltatemi! Non perdetevi nelle cose di questo mondo, ma guardate Gesù vivo e vero nel Santissimo Sacramento dell'Altare.

Poi la mamma mi ha detto: "Figlia, preghiamo insieme per la mia amata Chiesa e per i miei figli prescelti e prediletti". 

Dopo aver pregato, la mamma ci ha benedetti tutti.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

BEATA VERGINE MARIA DI FATIMA – memoria facoltativa

Gv 14,1-6

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

Dai «Discorsi» di sant’Efrem Siro, diacono

   Portando in sé la divinità, Maria è diventata cielo per noi. Cristo infatti, senza separarsi dalla gloria del Padre, ha racchiuso la sua divinità nei ristretti limiti di un grembo, per innalzare gli uomini a una dignità più alta. Scelse lei sola in tutta la schiera delle vergini, perché fosse lo strumento della nostra salvezza.
   In lei ebbero compimento tutte le predizioni dei profeti e dei giusti. Da lei uscì quella splendidissima stella, sotto la cui guida il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce (cfr. Is 9,1).
   Maria può essere chiamata convenientemente con molti nomi. Ella infatti è tempio del Figlio di Dio, il quale da lei è uscito in modo diverso da come era entrato; infatti era entrato nel grembo senza corpo, ne uscì rivestito di un corpo. Ella è quel mistico cielo nuovo, nel quale il Re dei re prese dimora come nella sua sede e dal quale è venuto sulla terra, facendo apparire il suo essere simile agli uomini (cfr. Fil 2,7).
   Ella è la vite che produce frutti di soave odore (cfr. Sir 24,23 Vulg.); e poiché il frutto era troppo diverso dalla natura dell’albero, fu necessario che prendesse la sua somiglianza dall’albero.
   Ella è la fonte che sgorga dalla casa del Signore, dalla quale per gli assetati sono fluite le acque della vita: chi vi accosterà le labbra non avrà sete in eterno.
   È un errore, carissimi, pensare di poter mettere sullo stesso piano il giorno della creazione e quello della nuova creazione in Maria. All’inizio infatti la terra fu fondata, per mezzo di lei fu rinnovata. All’inizio, per il peccato di Adamo, essa fu maledetta nei suoi frutti (cfr. Gen 3,17-19), per mezzo di Maria invece ad essa fu ridata la pace e la sicurezza. All’inizio, per il peccato dei progenitori, la morte si è riversata su tutti gli uomini (cfr. Rm 5,18), ora invece siamo passati dalla morte alla vita. All’inizio il serpente, passando per l’ascolto di Eva, iniettò il veleno in tutto il corpo, ora Maria accoglie con l’ascolto l’annunziatore della felicità eterna. Ciò che fu strumento di morte, risulta ora strumento di vita.
   Colui che siede sui Cherubini (cfr. Sal 79,2), ora è portato dalle braccia di una donna; colui che tutto il mondo non può contenere, Maria sola lo stringe nelle braccia; colui che i Troni e le Dominazioni temono, è nutrito da una fanciulla; colui che regna nei secoli dei secoli, eccolo seduto sulle ginocchia di una vergine; colui che fa della terra lo sgabello dei suoi piedi (cfr. Is 66,1), ora la calpesta con i suoi piedi di bambino.

giovedì 12 maggio 2022

Giovedì della IVª settimana di Pasqua

Gv 13,16-20

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: "Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno". Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Chi è inviato dal Signore, Lo imita mettendo in pratica ciò che gli è stato insegnato, per una beatitudine che non ha a che fare con promesse terrene. Chi invece si perde, e si innalza contro il Signore come Giuda, rimane ancorato a questa terra, credendo che le sue speranze siano riposte solo qui, senza ereditare la promessa del Cielo. 
Noi siamo inviati del Signore, uomini e donne scelti da Lui come cristiani; impegniamoci a vivere come tali! Accogliamo innanzitutto il Signore e la Sua grazia, permettiamogli di operare attraverso di noi, anche quando subiamo difficoltà e rifiuti, fraintendimenti e calunnie, sapendo che chi accoglierà la Sua Parola tramite noi, sarà in comunione con Lui per la propria salvezza.

mercoledì 11 maggio 2022

Mercoledì della IVª settimana di Pasqua

Gv 12,44-50

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Gesù ci parla ancora una volta della Sua unità con il Padre e della fedeltà alla Parola ricevuta. Essa è tanto preziosa perché viene direttamente dal Padre e può aprirci, se accolta, le porte della vita eterna, riportandoci a Lui.
Domandiamoci quanto impegno mettiamo nell’ascolto della Parola di Dio, quanta importanza le diamo, se ha priorità rispetto alle parole e agli insegnamenti del mondo. Ci impegniamo a custodire quotidianamente la nostra comunione di fede con il Figlio, perché entri nella nostra vita come Luce e Salvatore e  vi rimanga?

martedì 10 maggio 2022

Martedì della IVª settimana di Pasqua

Gv 10,22-30

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell'incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Ancora una volta i Giudei interrogano Gesù per poterlo accusare di qualcosa, ma Gesù non cade nel tranello, non cede alla tentazione di usare i loro toni nel discorso, anzi parla loro del Padre. Il Signore ci rivela la promessa della vita eterna per chi è in comunione con Lui e con il Padre. Chi è con Lui, chi davvero gli appartiene, non ha nulla da temere.

Stiamo attenti quando temiamo gli uomini e non ci fidiamo di Dio, quando abbiamo paura del giudizio della gente e perdiamo di vista la vita eterna, quando c’è la tentazione di lottare contro chi ci attacca anziché presentargli la bellezza della vita in Cristo. 

Diamo testimonianza sull‘esempio del Signore.


lunedì 9 maggio 2022

Lunedì della IVª settimana di Pasqua

Gv 10,1-10

In quel tempo, disse Gesù: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita a l'abbiano in abbondanza».

Il vero Pastore viene ascoltato dalle pecore e viene riconosciuto perché porta la vita. I falsi pastori approfittano delle pecore, hanno secondi fini, non donano se stessi per la vita del gregge.
Affinché possiamo seguire il Signore, abbiamo bisogno di saper ascoltare la Sua voce con attenzione, di saperla distinguere da ogni altra voce. Le altre voci sono fatte di lusinghe, accomodamenti, compromessi che non portano a conversione, idee che non conducono a Dio e non ci portano a riconciliarci con Lui. Occorre quindi un attento e costante discernimento, che non sia impegno di un giorno solo, ma lavoro quotidiano che affina i sensi spirituali e riconosce subito il Signore.
I frutti prodotti in noi dall’incontro con il vero Pastore, sono di vita rinnovata, pace, gioia che va oltre la sofferenza, grazia dello Spirito Santo che agisce facendoci comprendere le realtà spirituali e che ci spinge a dare un corso nuovo alla nostra vita. Inoltre si sperimenta l’appartenenza a una comunità, a un gregge, sfuggendo alla tentazione di fare ogni cosa da soli.

domenica 8 maggio 2022

IVª DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Gv 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno papa
  «Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le mie pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all’amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l’amore della verità.
   Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non del solo credere, ma anche dell’operare. L’evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1 Gv 2, 4).
   Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: «Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore» (Gv 10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perché offro la mia vita per le mie pecore; cioè io dimostro in quale misura amo il Padre dall’amore con cui muoio per le pecore.
   Di queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10, 14-16). Di esse aveva detto poco prima: «Se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9). Entrerà cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione, dall’atto di credere alla contemplazione, e troverà i pascoli nel banchetto eterno.
   Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, che è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l’anima si sazia senza fine del cibo della vita.
   Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S’infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s’infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già un camminare.
   Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la meta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare.