venerdì 20 settembre 2024

SANTI ANDREA KIM TAE-GÔN, PRESBITERO, PAOLO CHÔNG HA-SANG, E COMPAGNI, MARTIRI – MEMORIA


Lc 8,1-3

In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.


Parole del Papa 

La specificità insostituibile del contributo femminile al bene comune è innegabile. Lo vediamo già nella Sacra Scrittura, dove spesso sono le donne a determinare svolte importanti in momenti decisivi della storia della salvezza. Pensiamo a Sara, a Rebecca, a Giuditta, a Susanna, a Rut, per culminare con Maria e le donne che hanno seguito Gesù fin sotto la croce, dove – notiamo – degli uomini era rimasto solo Giovanni, gli altri sono andati via tutti. Le coraggiose erano lì: le donne. Nella storia della Chiesa, poi, pensiamo a figure come Caterina da Siena, Giuseppina Bakhita, Edith Stein, Teresa di Calcutta e anche le donne “della porta accanto”, che sappiamo con tanta eroicità portare avanti matrimoni difficili, figli con problemi… L’eroicità delle donne. Al di là degli stereotipi di un certo stile agiografico, sono persone impressionanti per determinazione, coraggio, fedeltà, capacità di soffrire e di trasmettere gioia, onestà, umiltà, tenacia. La nostra storia è letteralmente costellata di donne così, sia di quelle famose, sia di quelle ignote – ma non a Dio! – che mandano avanti il cammino delle famiglie, delle società e della Chiesa. Come scrivevano i Padri del Concilio Vaticano II, possiamo dire che «in un momento in cui l’umanità conosce una profonda trasformazione, le donne possono tanto operare per aiutarla a non decadere». (Discorso ai partecipanti all'incontro promosso dalla Strategic Alliance of Catholic Research Universities e della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice, 11 marzo 2023)

giovedì 19 settembre 2024

SAN GENNARO, VESCOVO E MARTIRE


Gv 15,18-21
«In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. 
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. 
Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato.».


Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo

   Da quando mi è stato posto sulle spalle questo peso, di cui dovrò rendere un non facile conto a Dio, sempre sono tormentato dalla preoccupazione per la mia dignità. La cosa più temibile nell’esercizio di questo incarico è il pericolo di preferire l’onore proprio alla salvezza altrui. Però, se da una parte mi spaventa ciò che io sono per voi, dall’altra mi consola il fatto che sono con voi. Per voi infatti io sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di un mandato che ho ricevuto, questo è nome di grazia. Quello di pericolo, questo di salvezza.
   Veramente ci sentiamo come in un mare immenso e come sbattuti dalle tempeste, proprio a causa dell’incombenza pastorale affidataci. Ci ricordiamo però a prezzo di quale sangue siamo stati redenti e, consolati da questo pensiero, entriamo come in un porto sicuro. Mentre ci affatichiamo nel lavoro apostolico ci conforta la certezza del beneficio comune che ne risulta. Assai di più mi consola il pensiero di essere stato redento con voi, che non il fatto di essere stato preposto a voi. Seguendo perciò il comando del Signore, cercherò di essere ancor più pienamente al vostro servizio, per non essere ingrato a quel riscatto che mi ha reso vostro fratello. Debbo infatti amare il Redentore, e so quello che ha detto a Pietro: «Pietro, mi ami? Pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 17). Questo disse una prima, una seconda, una terza volta. Prima veniva richiesto l’amore e poi imposto l’onere, perché dove maggiore è l’amore, minore è il peso della fatica.
   «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?» (Sal 115, 12). Se dico di offrire al Signore il ministero di pascere le sue pecorelle, dico la verità. Lo faccio, infatti, «non io, ma la grazia di Dio che è con me» (1 Cor 15, 10). E allora come posso credere di essere uno che dà il contraccambio, se in tutto sono prevenuto da lui? Se amiamo disinteressatamente e pascoliamo il gregge gratuitamente come possiamo esigere la ricompensa? Non sembrano inconciliabili le due cose: amore disinteressato e servizio gratuito con lo stipendio?
   E tuttavia si conciliano. Infatti non si potrebbe esigere la ricompensa da colui che viene amato disinteressatamente, se, chi è amato, non costituisse lui stesso la ricompensa dell’amore. Se, infatti, in cambio del dono di averci redenti, gli rendiamo il servizio di pascolare le sue pecorelle, qual contrac- cambio potremmo ancora offrirgli per il fatto che ci ha costituiti pastori? Effettivamente cattivi pastori, che Dio non voglia, lo siamo per nostra colpa, mentre buoni pastori, che Dio lo voglia, non possiamo esserlo se non per sua grazia.
   Perciò, miei fratelli: «Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (2 Cor 6, 1). Rendete fruttuoso il nostro ministero. «Voi siete il campo di Dio» (1 Cor 3, 9). Dall’esterno ricevete chi pianta e chi irriga, dall’interno, invece, colui che fa crescere. Aiutateci con la vostra preghiera e la vostra obbedienza, perché troviamo la nostra gioia non tanto nell’essere vostri capi, quanto nell’esservi utili servitori.

mercoledì 18 settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 7,31-35
 
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, 
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». 


Parole del Papa 

Gesù dice loro: ‘Ma, io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?’; ‘Vogliamo la nostra: vogliamo fare la salvezza a modo nostro!’. E’ sempre questa chiusura al modo di Dio”. Loro non credono nella misericordia e nel perdono: credono nei sacrifici. 'Misericordia voglio, non sacrifici'. Credono in tutto sistemato, ben sistemato, tutto chiaro. Questo è il dramma della resistenza alla salvezza. Anche noi, ognuno di noi ha questo dramma dentro. Ma ci farà bene domandarci: come voglio io essere salvato? A modo mio? “Credo che Gesù sia il Maestro che ci insegna la salvezza, o vado dappertutto ad affittare guru che me ne insegnino un’altra? Ci farà bene oggi farci queste domande. E l’ultima: io resisto alla salvezza di Gesù?”. (Omelia da Santa Marta, 3 ottobre 2014)

martedì 17 settembre 2024

MARTEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 7,11-17
 
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.


Parole del Papa 

Di fronte al ragazzo tornato in vita e restituito alla madre, «tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi” e “Dio ha visitato il suo popolo”. Quanto Gesù ha fatto non è dunque solo un’azione di salvezza destinata alla vedova e al suo figlio, o un gesto di bontà limitato a quella cittadina. Nel soccorso misericordioso di Gesù, Dio va incontro al suo popolo, in Lui appare e continuerà ad apparire all’umanità tutta la grazia di Dio. La misericordia, sia in Gesù sia in noi, è un cammino che parte dal cuore per arrivare alle mani. Cosa significa, questo? Gesù ti guarda, ti guarisce con la sua misericordia, ti dice: “Alzati!”, e il tuo cuore è nuovo. Cosa significa compiere un cammino dal cuore alle mani? Significa che con il cuore nuovo, con il cuore guarito da Gesù posso compiere le opere di misericordia mediante le mani, cercando di aiutare, di curare tanti che hanno bisogno. La misericordia è un cammino che parte dal cuore e arriva alle mani, cioè alle opere di misericordia. (Udienza generale, 10 agosto 2016)

lunedì 16 settembre 2024

SANTI CORNELIO, PAPA, E CIPRIANO, VESCOVO, MARTIRI - MEMORIA


Lc 7,1-10
 
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.


Dalle «Lettere» di san Cipriano, vescovo e martire

     Cipriano a Cornelio, fratello nell'episcopato.
     Siamo a conoscenza, fratello carissimo, della tua fede, della tua fortezza e della tua aperta testimonianza. Tutto ciò è di grande onore per te e a me arreca tanta gioia da farmi considerare partecipe e socio dei tuoi meriti e delle tue imprese.
     Siccome infatti una è la Chiesa, uno e inseparabile l'amore, unica e inscindibile l'armonia dei cuori, quale sacerdote, nel celebrare le lodi di un altro sacerdote, non se ne rallegrerebbe come di sua propria gloria?
     E quale fratello non si sentirebbe felice della gioia dei propri fratelli?
     Certo non si può immaginare l'esultanza e la grande letizia che vi è stata qui da noi quando abbiamo saputo cose tanto belle e conosciuto le prove di fortezza da voi date. Tu sei stato di guida ai fratelli nella confessione della fede, e la stessa confessione della guida si è fortificata ancora più con la confessione dei fratelli. Così, mentre hai preceduto gli altri nella via della gloria, hai guadagnato molti compagni alla stessa gloria, e mentre ti sei mostrato pronto a confessare per primo e per tutti, hai persuaso tutto il popolo a confessare la stessa fede. In questo modo ci è impossibile stabilire che cosa dobbiamo elogiare di più in voi, se la tua fede pronta e incrollabile, o la inseparabile carità dei fratelli. Si è manifestato in tutto il suo splendore il coraggio del vescovo a guida del suo popolo, ed è apparsa luminosa e grande la fedeltà del popolo in piena solidarietà con il suo vescovo. In voi tutta la chiesa di Roma ha dato la sua magnifica testimonianza, tutta unita in un solo spirito e in una sola voce. 
     È brillata così, fratello carissimo, la fede che l'Apostolo constatava ed elogiava nella vostra comunità. Già allora egli prevedeva e celebrava quasi profeticamente il vostro coraggio e la vostra indomabile fortezza. Già allora riconosceva i meriti di cui vi sareste resi gloriosi. Esaltava le imprese dei padri, prevedendo quelle dei figli. Con la vostra piena concordia, con la vostra fortezza, avete dato a tutti i cristiani luminoso esempio di unione e costanza.
     Fratello carissimo, il Signore nella sua provvidenza ci preammonisce che è imminente l'ora della prova. Dio nella sua bontà e nella sua premura per la nostra salvezza ci dà i suoi benèfici suggerimenti in vista del nostro vicino combattimento. Ebbene in nome di quella carità, che ci lega vicendevolmente, aiutiamoci, perseverando con tutto il popolo nei digiuni, nelle veglie, nella preghiera.
     Queste sono per noi quelle armi celesti che ci fanno stare saldi, forti e perseveranti. Queste sono le armi spirituali e gli strali divini che ci proteggono. Ricordiamoci scambievolmente in concordia e fraternità spirituale. Preghiamo sempre e in ogni luogo gli uni per gli altri, e cerchiamo di alleviare le nostre sofferenze con mutua carità.

domenica 15 settembre 2024

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B


Mc 8,27-35

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
 

Parole del Papa 

Il Signore vuole che i suoi discepoli di ieri e di oggi instaurino con Lui una relazione personale, e così lo accolgano al centro della loro vita. Per questo li sprona a porsi in tutta verità di fronte a sé stessi, e chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 29). Gesù, oggi, rivolge questa richiesta così diretta e confidenziale a ciascuno di noi: […] “Chi sono io per te?”. Ognuno è chiamato a rispondere, nel proprio cuore, lasciandosi illuminare dalla luce che il Padre ci dà per conoscere il suo Figlio Gesù. E può accadere anche a noi, come a Pietro, di affermare con entusiasmo: «Tu sei il Cristo». Quando però Gesù ci dice chiaramente quello che disse ai discepoli, cioè che la sua missione si compie non nella strada larga del successo, ma nel sentiero arduo del Servo sofferente, umiliato, rifiutato e crocifisso, allora può capitare anche a noi, come a Pietro, di protestare e ribellarci perché questo contrasta con le nostre attese, con le attese mondane. In quei momenti, anche noi meritiamo il salutare rimprovero di Gesù: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Fratelli e sorelle, la professione di fede in Gesù Cristo non può fermarsi alle parole, ma chiede di essere autenticata da scelte e gesti concreti, da una vita improntata all’amore di Dio, di una vita grande, di una vita con tanto amore per il prossimo. Gesù ci dice che per seguire Lui, per essere suoi discepoli, bisogna rinnegare sé stessi, cioè le pretese del proprio orgoglio egoistico, e prendere la propria croce (Angelus, 16 settembre 2018)

sabato 14 settembre 2024

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE - Festa


Gv 3,13-17
 
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».


Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo

     Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Infatti ci distacchiamo dalla terra del peccato e saliamo verso le altezze. È tale e tanta la ricchezza della croce che chi la possiede ha un vero tesoro. E la chiamo giustamente così, perché di nome e di fatto è il più prezioso di tutti i beni. È in essa che risiede tutta la nostra salvezza. Essa è il mezzo e la via per il ritorno allo stato originale.
     Se infatti non ci fosse la croce, non ci sarebbe nemmeno Cristo crocifisso. Se non ci fosse la croce, la Vita non sarebbe stata affissa al legno. Se poi la Vita non fosse stata inchiodata al legno, dal suo fianco non sarebbero sgorgate quelle sorgenti di immortalità, sangue e acqua, che purificano il mondo. La sentenza di condanna scritta per il nostro peccato non sarebbe stata lacerata, noi non avremmo avuto la libertà, non potremmo godere dell'albero della vita, il paradiso non sarebbe stato aperto per noi. Se non ci fosse la croce, la morte non sarebbe stata vinta, l'inferno non sarebbe stato spogliato. 
     È dunque la croce una risorsa veramente stupenda e impareggiabile, perché, per suo mezzo, abbiamo conseguito molti beni, tanto più numerosi quanto più grande ne è il merito, dovuto però in massima parte ai miracoli e alla passione del Cristo. È preziosa poi la croce perché è insieme patibolo e trofeo di Dio. Patibolo per la sua volontaria morte su di essa. Trofeo perché con essa fu vinto il diavolo e col diavolo fu sconfitta la morte. Inoltre la potenza dell'inferno venne fiaccata, e così la croce è diventata la salvezza comune di tutto l'universo.
     La croce è gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce è il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, è la sintesi completa della sua passione. Per convincerti che la croce è la gloria di Cristo, senti quello che egli dice: «Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e anche Dio è stato glorificato in lui, e lo glorificherà subito» (Gv 13, 31-32).
     E di nuovo: «Glorificami, Padre, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17, 5). E ancora: «Padre glorifica il tuo nome. Venne dunque una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò» (Gv 12, 28), per indicare quella glorificazione che fu conseguita allora sulla croce. Che poi la croce sia anche esaltazione di Cristo, ascolta ciò che egli stesso dice: Quando sarò esaltato, allora attirerò tutti a me (cfr. Gv 12, 32). Vedi dunque che la croce è gloria ed esaltazione di Cristo.

venerdì 13 settembre 2024

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA


Lc 6,39-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».


Parole del Papa 

L’odierna pagina evangelica presenta brevi parabole, con le quali Gesù vuole indicare ai suoi discepoli la strada da percorrere per vivere con saggezza. Con l’interrogativo: «Può forse un cieco guidare un altro cieco?» (Lc 6, 39), Egli vuole sottolineare che una guida non può essere cieca, ma deve vedere bene, cioè deve possedere la saggezza per guidare con saggezza, altrimenti rischia di causare dei danni alle persone che a lei si affidano. […] E Gesù prende in prestito una espressione sapienziale per indicare se stesso come modello di maestro e guida da seguire: «Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro» (v.40). È un invito a seguire il suo esempio e il suo insegnamento per essere guide sicure e sagge. […] Nel brano di oggi troviamo un’altra frase significativa, quella che esorta a non essere presuntuosi e ipocriti. Dice così: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (v.41). Tante volte, lo sappiamo tutti, è più facile o comodo scorgere e condannare i difetti e i peccati altrui, senza riuscire a vedere i propri con altrettanta lucidità. Tutti abbiamo difetti, tutti, e dobbiamo esserne consapevoli e, prima di condannare gli altri, dobbiamo guardare noi stessi dentro. Possiamo così agire in modo credibile, con umiltà, testimoniando la carità.  (Angelus, 3 marzo 2019)

giovedì 12 settembre 2024

SS. Nome di Maria


Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».


Dalle «Omelie in lode della Vergine Madre» di san Bernardo, abate

   «E il nome della Vergine era Maria» (Lc 1, 27), dice l’Evangelista. Facciamo qualche riflessione anche su questo nome, che significa, a quanto dicono, «stella del mare», e che conviene sommamente alla Vergine Madre. Ella infatti viene paragonata con molta ragione a una stella: come questa emette il suo raggio senza corrompersi, così la Vergine partorisce il Figlio senza subire lesione. Il raggio non diminuisce lo splendore della stella, né il Figlio l’integrità della Vergine. Ella è dunque quella nobile stella usci- ta da Giacobbe (cfr. Nm 24, 17), il cui raggio illumina l’universo intero, il cui splendore rifulge nei cieli, penetra negli inferi, percorre le terre e, riscaldando più le menti che i corpi, favorisce lo sbocciare delle virtù e brucia i vizi. Sì, è lei quella fulgida e singolare stella che doveva innalzarsi sopra questo mare spazioso e vasto (cfr. Sal 103, 25), brillante per i suoi meriti, luminosa con i suoi esempi.
   O tu che, nelle fluttuazioni di questo mondo, ti accorgi di essere sbattuto dalle burrasche e dalle tempeste piuttosto che di camminare sulla terra fema, non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere sommerso dalle tempeste! Se si levano i venti delle tentazioni, se ti imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sballottato dalle onde della superbia, dell’ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira o l’amore al denaro o i piaceri illeciti della carne scuotono la navicella del tuo cuore, guarda a Maria. Se, sconvolto dall’enormità dei tuoi peccati, turbato dalla sporcizia della tua coscienza, atterrito dalla paura del giudizio, cominci a precipitare nel baratro della tristezza, nell’abisso della disperazione, pensa a Maria.
   Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, invoca Maria. Che ella non si allontani mai dalla tua bocca, non si allontani mai dal tuo cuore, e, per ottenere il soccorso della sua preghiera, segui l’esempio della sua vita. Seguendo lei non devierai, pregando lei non ti scoraggerai, pensando a lei non sbaglierai; se lei ti tiene per mano non cadi, se lei ti protegge non temi, se lei ti fa da guida non ti affatichi, se lei ti è favorevole arrivi al porto. Così in te stesso sperimenterai quanto è giusta questa parola: «E il nome della Vergine era Maria».

mercoledì 11 settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 6,20-26
 
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».


Parole del Papa 

La pagina del Vangelo odierno ci invita […] a riflettere sul senso profondo dell’avere fede, che consiste nel fidarci totalmente del Signore. Si tratta di abbattere gli idoli mondani per aprire il cuore al Dio vivo e vero; Egli solo può dare alla nostra esistenza quella pienezza tanto desiderata eppure difficile da raggiungere. […] Sono molti, infatti, anche ai nostri giorni, quelli che si propongono come dispensatori di felicità: vengono e promettono successo in tempi brevi, grandi guadagni a portata di mano, soluzioni magiche ad ogni problema, e così via. E qui è facile scivolare senza accorgersi nel peccato contro il primo comandamento: cioè l’idolatria, sostituire Dio con un idolo. […] Per questo Gesù ci apre gli occhi sulla realtà. Siamo chiamati alla felicità, ad essere beati, e lo diventiamo fin da ora nella misura in cui ci mettiamo dalla parte di Dio, del suo Regno, dalla parte di ciò che non è effimero ma dura per la vita eterna. Siamo felici se ci riconosciamo bisognosi davanti a Dio […] e se, come Lui e con Lui, stiamo vicino ai poveri, agli afflitti e agli affamati. Anche noi lo siamo davanti a Dio: siamo poveri, afflitti, siamo affamati davanti a Dio. (Angelus, 17 febbraio 2019)

martedì 10 settembre 2024

MARTEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 6,12-19
 
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.


Parole del Papa 

«In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (6,12-13). Gesù li sceglie dopo una notte di preghiera. Pare che non ci sia altro criterio in questa scelta se non la preghiera, il dialogo di Gesù con il Padre. […] Non dimentichiamo che quello che sostiene ognuno di noi nella vita è la preghiera di Gesù per ognuno di noi, con nome, cognome, davanti al Padre, facendogli vedere le piaghe che sono il prezzo della nostra salvezza. Anche se le nostre preghiere fossero solo balbettii, se fossero compromesse da una fede vacillante, non dobbiamo mai smettere di confidare in Lui, io non so pregare ma Lui prega per me. Sorrette dalla preghiera di Gesù, le nostre timide preghiere si appoggiano su ali d’aquila e salgono fino al Cielo. Non dimenticatevi: Gesù sta pregando per me - Adesso? – Adesso. Nel momento della prova, nel momento del peccato, anche in quel momento, Gesù con tanto amore sta pregando per me. (Udienza generale, 2 giugno 2021)

lunedì 9 settembre 2024

LUNEDÌ DELLA XXIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 6,6-11
 
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.


Parole del Papa 

Nei Vangeli, molte pagine raccontano gli incontri di Gesù con i malati e il suo impegno a guarirli. Egli si presenta pubblicamente come uno che lotta contro la malattia e che è venuto per guarire l’uomo da ogni male: il male dello spirito e il male del corpo. […] Gesù non si è mai sottratto alla loro cura. Non è mai passato oltre, non ha mai voltato la faccia da un’altra parte. E quando un padre o una madre, oppure anche semplicemente persone amiche gli portavano davanti un malato perché lo toccasse e lo guarisse, non metteva tempo in mezzo; la guarigione veniva prima della legge, anche di quella così sacra come il riposo del sabato. I dottori della legge rimproveravano Gesù perché guariva il sabato, faceva il bene il sabato. Ma l’amore di Gesù era dare la salute, fare il bene: e questo va sempre al primo posto! […] La Chiesa invita alla preghiera continua per i propri cari colpiti dal male. La preghiera per i malati non deve mai mancare. Anzi dobbiamo pregare di più, sia personalmente sia in comunità.  (Udienza generale, 10 giugno 2015)

domenica 8 settembre 2024

XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO


Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parole del Papa 

Questo racconto del Vangelo sottolinea l’esigenza di una duplice guarigione. Innanzitutto la guarigione dalla malattia e dalla sofferenza fisica, per restituire la salute del corpo; anche se questa finalità non è completamente raggiungibile nell’orizzonte terreno, nonostante tanti sforzi della scienza e della medicina. Ma c’è una seconda guarigione, forse più difficile, ed è la guarigione dalla paura, cioè dalla nostra paura. La guarigione dalla paura che ci spinge ad emarginare l’ammalato, ad emarginare il sofferente, il disabile. E ci sono molti modi di emarginare, anche con una pseudo pietà o con la rimozione del problema; si resta sordi e muti di fronte ai dolori delle persone segnate da malattie, angosce e difficoltà. Troppe volte l’ammalato e il sofferente diventano un problema, mentre dovrebbero essere occasione per manifestare la sollecitudine e la solidarietà di una società nei confronti dei più deboli. Gesù ci ha svelato il segreto di un miracolo che possiamo ripetere anche noi, diventando protagonisti dell’«Effatà», di quella parola “Apriti” con la quale Egli ha ridato la parola e l’udito al sordomuto. Si tratta di aprirci alle necessità dei nostri fratelli sofferenti e bisognosi di aiuto, rifuggendo l’egoismo e la chiusura del cuore. È proprio il cuore, cioè il nucleo profondo della persona, che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, possa ascoltare la voce di Dio, la voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell’amore, traducendolo in gesti di generosità e di donazione di sé. (Angelus, 9 settembre 2018)

sabato 7 settembre 2024

Sabato della XXII settimana del tempo ordinario


Lc 6,1-5

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».


Parole del Papa 

Curavano la legge, trascuravano la giustizia. Curavano la legge, trascuravano l’amore. Erano modelli, erano i modelli, e Gesù per questa gente trova soltanto una parola: ipocriti. Da una parte vai per tutto il mondo cercando proseliti, voi cercate e poi chiudete la porta. Uomini di chiusura, uomini tanto attaccati alla legge, alla lettera della legge, non alla legge, ché la legge è amore; ma alla lettera della legge, che sempre chiudevano le porte della speranza, dell’amore, della salvezza […] Questa è la strada che ci insegna Gesù, totalmente opposta a quella dei dottori della legge. E questa strada dall’amore alla giustizia, porta a Dio. Invece, l’altra strada, di essere attaccati soltanto alla legge, alla lettera della legge, porta alla chiusura, porta all’egoismo. La strada che va dall’amore alla conoscenza e al discernimento, al pieno compimento, porta alla santità, alla salvezza, all’incontro con Gesù. Invece, questa strada porta all’egoismo, alla superbia di sentirsi giusti, a quella santità fra virgolette delle apparenze, no? Gesù dice a questa gente: "Ma a voi piace farvi vedere dalla gente come uomini di preghiera, di digiuno...", farsi vedere, no? Per questo Gesù dice alla gente: "Ma fate quello che dicono, ma no quello che fanno." Gesù si avvicina: la vicinanza è proprio la prova che noi andiamo sulla vera strada. Perché è proprio la strada che ha scelto Dio per salvarci: la vicinanza. Si avvicinò a noi, si è fatto uomo. (Santa Marta, 31 ottobre 2014)

venerdì 6 settembre 2024

VENERDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 5,33-39
 
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».


Parole del Papa 

Il cristiano è fondamentalmente gioioso. E per questo alla fine del Vangelo, quando portano il vino, quando parla del vino, mi fa pensare alle nozze di Cana: e per questo Gesù ha fatto quel miracolo; per questo la Madonna, quando si è accorta che non c’era più vino, ma se non c’è vino non c’è festa… Immaginiamo finire quelle nozze, bevendo il tè o il succo: non va… è festa e la Madonna chiede il miracolo. E così è la vita cristiana. La vita cristiana ha questo atteggiamento gioioso, gioioso di cuore. […] Il secondo atteggiamento cristiano: riconoscere Gesù come il tutto, il centro, la totalità. Ma sempre avremo la tentazione di buttare questa novità del Vangelo, questo vino nuovo in atteggiamenti vecchi… E’ il peccato, tutti siamo peccatori. Ma riconoscerlo: ‘Questo è un peccato’. Non dire questo va con questo. No! Gli otri vecchi non possono portare il vino nuovo. E’ la novità del Vangelo. Gesù è lo sposo, lo sposo che sposa la Chiesa, lo sposo che ama la Chiesa, che dà la sua vita per la Chiesa. E Gesù fa questa festa di nozze! Gesù ci chiede a noi la gioia della festa, la gioia di essere cristiani. E ci chiede pure la totalità: è tutto Lui. E se noi abbiamo qualcosa che non è di Lui, pentirsi, chiedere perdono e andare avanti. Che il Signore ci dia, a tutti noi, la grazia di avere sempre questa gioia, come se andassimo a nozze. E anche avere questa fedeltà che l’unico sposo è il Signore. (Santa Marta, 6 settembre 2013)

giovedì 5 settembre 2024

GIOVEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 5,1-11
 
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Parole del Papa 

«Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla» (v. 5), dice Simone. Quante volte anche noi restiamo con un senso di sconfitta, mentre nel cuore nascono delusione e amarezza. Due tarli pericolosissimi. Che cosa fa allora il Signore? Sceglie proprio di salire sulla nostra barca. Da lì vuole annunciare il Vangelo. Proprio quella barca vuota, simbolo delle nostre incapacità, diventa la “cattedra” di Gesù, il pulpito da cui proclama la Parola. E questo ama fare il Signore – il Signore è il Signore delle sorprese, dei miracoli nelle sorprese –: salire sulla barca della nostra vita quando non abbiamo nulla da offrirgli; entrare nei nostri vuoti e riempirli con la sua presenza; servirsi della nostra povertà per annunciare la sua ricchezza, delle nostre miserie per proclamare la sua misericordia. […] Con Gesù si naviga nel mare della vita senza paura, senza cedere alla delusione quando non si pesca nulla e senza arrendersi al “non c’è più niente da fare”. Sempre, nella vita personale come in quella della Chiesa e della società, c’è qualcosa di bello e di coraggioso che si può fare, sempre. Sempre possiamo ricominciare, sempre il Signore ci invita a rimetterci in gioco perché Lui apre nuove possibilità. (Angelus, 6 febbraio 2022)

mercoledì 4 settembre 2024

MERCOLEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 4,38-44
 
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


Parole del Papa 

Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi. Entrato nella casa di Simon Pietro, Gesù vede che sua suocera è a letto con la febbre; subito le prende la mano, la guarisce e la fa alzare. Dopo il tramonto, quando, terminato il sabato, la gente può uscire e portargli i malati, risana una moltitudine di persone afflitte da malattie di ogni genere: fisiche, psichiche, spirituali. Venuto sulla terra per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. Egli così si rivela medico sia delle anime sia dei corpi, buon Samaritano dell’uomo. E’ il vero Salvatore: Gesù salva, Gesù cura, Gesù guarisce. (Angelus, 8 febbraio 2015)

martedì 3 settembre 2024

SAN GREGORIO MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA - MEMORIA


Lc 4,31-37
 
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.


Parole del Papa 

La santità di Dio è una forza in espansione, e noi supplichiamo perché frantumi in fretta le barriere del nostro mondo. Quando Gesù incomincia a predicare, il primo a pagarne le conseguenze è proprio il male che affligge il mondo. Gli spiriti maligni imprecano: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» (Mc 1,24). Non si era mai vista una santità così: non preoccupata di sé stessa, ma protesa verso l’esterno. Una santità – quella di Gesù - che si allarga a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso in uno stagno. Il male ha i giorni contati – il male non è eterno –, il male non può più nuocerci: è arrivato l’uomo forte che prende possesso della sua casa (cfr Mc 3,23-27). E questo uomo forte è Gesù, che dà anche a noi la forza per prendere possesso della nostra casa interiore. La preghiera scaccia ogni timore. Il Padre ci ama, il Figlio alza le braccia affiancandole alle nostre, lo Spirito lavora in segreto per la redenzione del mondo. E noi? Noi non vacilliamo nell’incertezza. Ma abbiamo una grande certezza: Dio mi ama; Gesù ha dato la vita per me! Lo Spirito è dentro di me. È questa la grande cosa certa. E il male? Ha paura. E questo è bello. (Udienza generale, 27 febbraio 2019)

lunedì 2 settembre 2024

LUNEDÌ DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 4,16-30
 
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, 
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.


Parole del Papa 

Gesù esordisce dicendo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura». Soffermiamoci su questo oggi […] La Parola di Dio sempre è “oggi”. […] La profezia di Isaia risaliva a secoli prima, ma Gesù, «con la potenza dello Spirito», la rende attuale e, soprattutto, la porta a compimento e indica il modo di ricevere la Parola di Dio: oggi. […] Oggi parla al tuo cuore. I compaesani di Gesù sono colpiti dalla sua parola. Anche se, annebbiati dai pregiudizi, non gli credono, si accorgono che il suo insegnamento è diverso da quello degli altri maestri: intuiscono che in Gesù c’è di più. Che cosa? C’è l’unzione dello Spirito Santo. A volte, capita che le nostre prediche e i nostri insegnamenti rimangono generici, astratti, non toccano l’anima e la vita della gente. E perché? Perché mancano della forza di questo oggi, quello che Gesù “riempie di senso” con la potenza dello Spirito è l’oggi. Oggi ti sta parlando.  (Angelus, 23 gennaio 2022)

domenica 1 settembre 2024

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B


Mc 7,1-8.14-15.21-23
 
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate
la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».


Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
 
     Siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina, mentre nell'opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire.
     Tuttavia non dimentichiamo quanto ci dice l'Apostolo: «Per questa grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2, 8-9). Ribadisce: «Per grazia siete stati salvati» (Ef 2, 5).
     In realtà non vi era in precedenza nella vostra vita nulla di buono, che Dio potesse apprezzare e amare, quasi avesse dovuto dire a se stesso: «Andiamo, soccorriamo questi uomini, perché la loro vita è buona». Non poteva piacergli la nostra vita col nostro modo di agire, però non poteva dispiacergli ciò che egli stesso aveva operato per noi. Pertanto condannerà il nostro operato, ma salverà ciò che egli stesso ha creato.
     Dunque non eravamo davvero buoni. Ciò nonostante, Dio ebbe compassione di noi e mandò il suo Figlio, perché morisse, non già per i buoni, ma per i cattivi, non per i giusti, ma per gli empi. Proprio così: «Cristo morì per gli empi» (Rm 5, 6). E che cosa aggiunge: «Ora a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto», al massimo «ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene» (Rm 5, 7). Può darsi che qualcuno abbia la forza di morire per il giusto. Ma per l'ingiusto, l'empio, l'iniquo, chi accetterebbe di morire, se non Cristo soltanto, che è talmente giusto da poter giustificare anche gli ingiusti?
     Come vedete, fratelli, non avevamo opere buone, ma tutte erano cattive. Tuttavia, pur essendo tali le opere degli uomini, la misericordia divina non li abbandonò. Anzi Dio mandò il suo Figlio a redimerci non con oro né con argento, ma al prezzo del suo sangue, che egli, quale Agnello immacolato condotto al sacrificio ha sparso per le pecore macchiate, se pure solo macchiate e non del tutto corrotte.
     Questa è la grazia che abbiamo ricevuto. Viviamo perciò in modo degno di essa, per non fare oltraggio a un dono sì grande. Ci è venuto incontro un medico tanto buono e valente da liberarci da tutti i nostri mali. Se vogliamo di nuovo ricadere nella malattia, non solo recheremo danno a noi stessi, ma ci dimostreremo anche ingrati verso il nostro medico.
     Seguiamo perciò le vie che egli ci ha mostrato, specialmente la via dell'umiltà, quella per la quale si è incamminato lui stesso. Infatti ci ha tracciato la via dell'umiltà con il suo insegnamento e l'ha percorsa fino in fondo soffrendo per noi.
     Perché dunque colui che era immortale potesse morire per noi, «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). L'immortale assunse la mortalità, per poter morire per noi e distruggere in tal modo con la sua morte la nostra morte.
     Questo ha compiuto il Signore, in questo ci ha preceduto. Lui che è grande si è umiliato, umiliato fu ucciso, ucciso risuscitò e fu esaltato per non lasciare noi nell'inferno, ma per esaltare in sé, nella risurrezione dai morti, coloro che in questa terra aveva esaltati soltanto nella fede e nella confessione dei giusti. Dunque ci ha chiesto di seguire la via dell'umiltà: se lo faremo daremo gloria al Signore e a ragione potremo cantare: «Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie, invochiamo il tuo nome» (Sal 74,2).